22 gennaio 2018
22 gen 2018

Ecclesiologia e mondo pluralista

di  Rinaldo Paganlli,scj
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L’incontro dei vescovi dehoniani ha avuto un ricco contributo da parte di p. Joseph Famerée SCJ, professore alla facoltà di teologia dell’Università Cattolica di Luvain-la Neuve (Belgio). Egli, inoltre, è membro dell’accademia internazionale di scienze religiose, fa parte dell’associazione europea dei teologi cattolici e del gruppo di Dombes. Numerose sono le sue pubblicazioni su Yves Congar, il Vaticano II, tematiche ecclesiologiche e questioni ecumeniche. Nel suo intervento ha affrontato il tema ecclesiologico collegandolo alla spiritualità dehoniana.

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Una Chiesa missionaria

La Chiesa non esiste per se stessa, è al servizio del Regno di Dio per il mondo. È il famoso inizio della Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium (LG 1). Una Chiesa missionaria è, fondamentalmente, una Chiesa che rinuncia ad installarsi in questo mondo, come se fosse la sua ultima destinazione, una Chiesa che nutre spiritualmente, liturgicamente e teologicamente la sua attesa della seconda venuta di Cristo (cfr. Ap. 22,20).

Questo servizio appassionato e gratuito del Regno, è in consonanza immediata con una dimensione del carisma dehoniano: Adveniat Regnum tuum, instaurare il Regno del Sacro Cuore nelle anime e nelle società. Il servizio gratuito del Regno (ad extra) deve essere la priorità della Chiesa e deve ordinare e orientare tutte le altre problematiche interne (ad intra) della Chiesa. Tutto nella vita (interna) della Chiesa deve essere pensato in questa prospettiva.

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Una Chiesa in dialogo ecumenico

Questa esigenza missionaria è inseparabile dall’esigenza ecumenica di un dialogo tra cristiani di confessioni diverse. È tale questione appassionante che dobbiamo trattare sempre di nuovo, e non è senza impatto sulla qualità e la ricchezza (cattolica) dell’annuncio del Vangelo dalla Chiesa. Tale questione non troverà una soluzione definitiva durante la storia umana, ma è importante lavorare senza posa tra Chiese, tra tradizioni cristiane diverse, in modo da anticipare certe realizzazioni provvisorie di unità o comunioni diversificate visibili. Simultaneamente e simmetricamente, le questioni che vengono trattate tra Chiese, esistono anche e dapprima dentro ogni Chiesa confessionale. L’insistenza di p. Dehon sul Sint unum per i suoi religiosi ci spinge ad essere cercatori di unità e profeti della riconciliazione, dapprima tra i cristiani. Questa ricerca di unità e di riconciliazione deve anche valorizzare tutte le diversità legittime, perché non opposte ma costitutive dell’unità.

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Una Chiesa in esilio e in diaspora

La questione migratoria contemporanea spinge verso una riflessione antropologica e teologica. A livello antropologico sappiamo che per riconoscersi occorre uscire da sé per incontrare l’altro. Sul versante teologico riscontriamo che una Chiesa da sempre “migrante”, non può che essere solidale verso i nuovi migranti.

Nella storia presente, l’esistenza di una Chiesa appare sempre in tensione tra adunanza (ek-klèsia; qahal; con-vocatio) e dispersione (in vista della missione, ma anche in ragione delle circostanze: persecuzione, geografia…). Questa visione ricca e dinamica della Chiesa come Popolo del nuovo Esodo e della nuova Diaspora, ha potentemente impregnato la teologia e l’ecclesiologia postconciliari, specialmente la teologia della liberazione in America latina. Questa nozione di popolo di Dio, quando tende a rarefarsi viene soppiantata da quella, vaga, di Chiesa-comunione. In tal modo si rischia di perdere l’aspetto dinamico, vivo, flessibile, anzi sanamente anarchico, di una Chiesa-popolo a vantaggio di una Chiesa compresa esclusivamente come Corpo del Cristo in un senso abbastanza rigido e gerarchico. Per il dehoniano questa attenzione rinvia alla dimensione riparatrice e alla disponibilità ai segni dei tempi.

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Communio Ecclesiarum

Un ultimo aspetto è stato direttamente indirizzato ai vescovi per ripensare una dimensione di comunione. Sulla base di una teologia plenaria della Chiesa locale (diocesana, episcopale), sarebbe necessario pensare di più nella Chiesa cattolica a raggruppamenti di Chiese locali in Chiese regionali autonome, nel senso di una comunione “orizzontale” più intensiva, al di là di una relazione “verticale” tra ogni vescovo preso individualmente e il papa. Anche a livello della Chiesa universale, compresa come comunione di Chiese, non si può che pensare ed esercitare il ministero singolare del vescovo della Chiesa locale di Roma nella sinodalità o la collegialità effettiva coVescovi 4_8n gli altri vescovi. Un tale cambiamento nel modo di governare la Chiesa cattolica non può che essere progressivo, graduale, date le pesanti tendenze di tipo monarchico inerenti alla tradizione cattolica.

Si è messa l’attenzione sulle priorità ad extra, per accentuare la logica del servizio del Vangelo. Importante è l’attenzione ecumenica, anche se non è vissuta con uguale forza in tutti i contesti, perché è la credibilità del vangelo che è in gioco con la divisione dei cristiani. Si sono toccati nodi importanti del fare ed essere Chiesa, per dare fiato a nuovi cammini e per essere più capaci di accogliere ed ascoltare quello che si manifesta.

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