12 novembre 2020
12 nov 2020

Insegnare alle aquile a volare come aquile

Insegnare alle aquile a volare come aquile
Il distretto indiano ha inviato tre dehoniani in un luogo di missione conosciuto come Odisha, uno stato dell'India orientale sul Golfo del Bengala, noto per la sua cultura tribale e l'antica tradizione indù. Manish uno dei tre pionieri della missione spiega la sua esperienza di missione e la vita delle persone a Odisha.
di  Manish, scj
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Sono sicuro che molti di voi avranno sentito la storia dell’aquila che è stata allevata tra i polli. Un grande contadino trovò l’uovo di un’aquila da qualche parte nella foresta, solo Dio sa come ci arrivò, e lo mise sotto la sua gallina, che era seduta sulle sue stesse uova. Fortunatamente l’aquila si schiuse con successo dall’uovo insieme ad altri pulcini. Anche se l’aquilotto sembrava più grande dei pulcini e il suo piumaggio era diverso, venne comunque allevato dalla chioccia. L’aquilotto si mescolava ai pulcini, mangiava il mangime per polli, si coccolava sotto le ali della gallina madre per proteggersi. Faceva tutto come un pollo e diventava più un pollo che un’aquila, ma fisicamente rimaneva come aquila. Ben presto crebbe e divenne notevolmente diverso dai polli. Come aquila, avrebbe dovuto volare in alto e volare nel cielo, ma aveva una mentalità da pollo. Mangiava, giocava e dormiva con i polli, nonostante fosse un’aquila. Biologicamente un’aquila, ma socialmente e mentalmente un poll. Un giorno una grande aquila vola e guarda in basso e vede l’aquila in mezzo al pollo. Arriva a terra e dice: “Che ti succede? Perché vai in giro con le galline? Tu sei un’aquila”. La giovane aquila risponde: “Non lo so, non mi sono mai reso conto delle mie capacità”. Allora l’aquila adulta lo attira nel mondo dell’aquila e gli insegna a spiegare le ali e a volare in alto.

Il compito del missionario è quello di ricordare alle persone chi sono in Gesù Cristo. Sono infatti destinati a volare in alto. Tuttavia si comportano come se avessero passato tutta la loro vita come polli e non mirano in alto. Gesù dice: “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. Sant’Agostino dice: “Dio si è fatto uomo perché noi diventiamo Dio”. La nostra esperienza nei luoghi di missione è opposta, nel senso che migliaia di persone sono private della vita in abbondanza. Sperimentano la scarsità e la povertà, non vengono trattate come figli e figlie di Dio e non si sentono neppure loro stessi. Come un’aquila devono librarsi in alto e volare in cielo in ogni sfera della vita. Essi vovono con la mentalità da polli.

Michael Benedict, P. Bhaskar e io (tre pionieri) abbiamo avuto il privilegio di essere a Bisaguda (Parrocchia di Tentullikhunti, Odisha) per la nostra esperienza di missione. La gente possiede poco, non va in ospedale se si ammala perché crede nella magia nera, e i genitori non promuovono l’educazione dei figli perché pensano che sia uno spreco di denaro. Di conseguenza molti giovani ragazzi e ragazze sono abbandonati a se stessi. Molti giovani fanno uso di droga in polvere, tabacco, alcool. Vagano senza visione e senza obiettivi, anche se sono cristiani, ma non conoscono la fede cristiana perché non c’è formazione cristiana.

Il nostro dovere di missionari e religiosi è quello di svolgere il ruolo dell’aquila adulta che si accorge dell’aquila giovane in mezzo al pollo, ricordandogli la vera identità, aiutando le persone a spiegare le ali e a volare in alto. Dobbiamo insegnare alle persone che in Cristo Gesù sono figli e figlie di Dio. Dobbiamo aiutarli a uscire dal loro pollaio attraverso la formazione della fede, l´impegno sociale e il sostegno educativo. Da parte nostra è necessario portare amore, umanità e fede ovunque andiamo e a chiunque incontriamo, e non concentrarsi sul proselitismo.

In Bisaguda non abbiamo fatto grandi cose, poiché ai nostri padri non era permesso amministrare alcun sacramento. Se ci concentriamo sulle prestazioni e sulle cose da fare, allora saremo infelici, ci imbattiamo in certi luoghi di missione dove sentiamo che le nostre mani e i nostri piedi sono letteralmente legati perché non possiamo svolgere le nostre opere pastorali a causa delle restrizioni, delle regole e dei regolamenti del luogo in cui lavoriamo. Ma se si sa come stare con la gente anche se non si fa nulla, questo è sufficiente per piantare il seme che può crescere cento volte a suo tempo. Abbiamo giocato a cricket con loro, siamo andati a pescare, siamo andati in montagna a raccogliere frutti, e abbiamo dato loro formazione durante il nostro tempo libero. Non ho mai saputo che stavamo conquistando i loro cuori, che stavamo piantando semi. L’intero villaggio era in uno stato di dolore, di lacrime. Uomini, donne e bambini piangevano allo stesso modo. Tanto amore e affetto si riversavano da loro per noi, ci inondavano di doni. Non è per quello che abbiamo fatto per loro, ma la nostra semplice presenza e disponibilità li ha toccati, il nostro semplice modo di vivere in mezzo a loro li ha fatti sentire come uno di loro. Se pensate che la missione sia fare grandi cose, allora dobbiamo ricordare il detto di Santa Madre Teresa: “Fate le cose semplici con grande amore”.

Una nuova squadra è stata formata per andare a Umerkote dopo un anno di esperienza di missione a Bisaguda. P. Mathew,  fratl Sajith ed io siamo venuti a Umerkote il 1° settembre 2020. Abbiamo due famiglie cristiane cattoliche che vivono a Umerkote. Tuttavia, sono originarie di Kandhamal. Potremmo rimanere delusi se siamo così coscienti del numero. Dobbiamo servire con gioia chiunque Dio ci dona, perché Gesù stesso assicura: “Ovunque due o tre sono riuniti nel mio nome, ci sono io”. (Matteo 18:20). Il nostro compito principale era quello di scoprire i cristiani che hanno lasciato la fede cristiana e si sono uniti ad altre confessioni. Gesù disse: “perché il Figlio dell’uomo è venuto a salvare ciò che è andato perduto” (Luca 19:10). Abbiamo visitato le loro case e li abbiamo richiamati alla fede cristiana, notando come la maggior parte di loro è disposta a tornare alla fede cristiana. Oltre al lavoro pastorale, portiamo cibo ai poveri. Gesù continua a identificarsi con gli affamati, “perché io avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato”. (Matteo 25, 35). Andando alla ricerca degli affamati dentro e intorno alla città di Umerkote e diamo loro da mangiare, possiamo vedere il sorriso sul loro volto dopo che hanno ricevuto il cibo ed è così che proclamiamo il Vangelo.

Pensiamo che la nostra esperienza sia come quella di San Paolo che dice: “‘Sia che mangiate o bevete o qualsiasi cosa facciate, fate tutto a gloria di Dio”. (1Corinzi 10:31). Dobbiamo sempre ricordare che la missione non è nostra opera, ma di Dio e noi siamo i suoi strumenti. Il nostro dovere non è quello di avere successo, ma di essere fedeli alla missione affidata alle nostre cure.

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