28 giugno 2021
28 giu 2021

La chiesa e la giustizia sociale

La chiesa e la giustizia sociale
Un confronto, in chiave ecumenica e di impegno delle Chiese per la giustizia sociale, fra la Fratelli tutti di Francesco e Per la vita del mondo. Verso un ethos sociale della Chiesa Ortodossa, firmata dal patriarca Bartolomeo nel 2020.
di  Samuele Bignotti
Settimananews
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Consideriamo la lettura di questi documenti “dal basso”, proprio come chi legge Fratelli tutti (da ora FT) di Papa Francesco e Per la vita del mondo. Verso un ethos sociale della Chiesa Ortodossa (da ora PVM) firmata dal Patriarca Ecumenico Bartolomeo mentre guarda i suoi vicini di casa dicendo: “Quello che leggo è vero. Siamo così vicini, eppure non ci conosciamo”.

Questo è un approfondimento per trovare uno sguardo convergente, per guardare al mondo con la stessa prospettiva del “vicino di casa” che appartiene a una denominazione cristiana diversa.

Struttura e metodo

Le firme in calce ai due documenti in questione lasciano immaginare due diverse equipe di collaboratori. PVM è stato pubblicato il 27 marzo 2020, firmato dal Patriarca Ecumenico Bartolomeo il 18 gennaio, e rappresenta un frutto maturo di una riflessione su richiesta del concilio di Creta del 2016, portata avanti dai teologi del Patriarcato di Costantinopoli e pubblicata negli Stati Uniti[1]. L’analogia con Gaudium et Spes del Concilio Ecumenico Vaticano II è lampante per la simile sede sinodale di origine[2], ma per attualità è preferibile accostare PVM a FT.

La struttura del documento scandisce i vari ambiti sociali in cui la Chiesa, a partire dall’Eucarestia, offre una luce perché l’uomo contemporaneo si orienti nel buio di questi tempi. Dopo l’introduzione, che pone il lettore nella prospettiva eucaristica, si elencano i capitoli seguenti: Introduzione, La Chiesa nella sfera pubblica, Il corso della vita umana, Povertà, ricchezza e giustizia civile, Guerra, pace e violenza, Relazioni ecumeniche e relazioni con altre fedi, Ortodossia e diritti umani, Scienza, tecnologia, mondo naturale, Conclusione.

Si può notare uno sguardo ampio su quegli ambiti della vita umana che interrogano molto l’uomo del XXI secolo, ad esempio il ruolo della Chiesa nella società, la tensione tra guerra e pace, la dimensione digitale in cui tutti si muovono di questi tempi, le relazioni con le altre religioni, i diritti umani e la bioetica. Da questo elenco possiamo dedurre il tentativo di indicare un ethos cristiano che testimoni il Vangelo in relazione nelle situazioni umane, con onestà e pragmaticità[3]. Traspare la teologia antropologica trinitaria di uno dei teologi di questa equipe: Kallistos Ware, che ha scritto: “La persona è sociale o non è. L’essere umano autentico non è egocentrico, ma esocentrico. Sono veramente umano, veramente personale, solo se mi relaziono agli altri, ad immagine della santa Trinità”[4].

Si aggiungono i sottotitoli di ciascun capitolo con sobrietà, quasi a suggerire ogni volta un approccio specifico al tema e sempre eucaristico. Apparentemente queste frasi sembrano fuori luogo, ma il susseguirsi di citazioni tratte dalla liturgia bizantina di San Basilio[5] rafforza la prospettiva eucaristica: È tempo di servire il Signore, Affidiamo tutta la nostra vita a Cristo Dio, Santifica le anime ed i corpi nostri, e concedici di servirti in santità tutti i giorni della nostra vita., Ricordati, Signore, di coloro che si ricordano dei poveri, Per la pace del mondo intero… Preghiamo per l’unione di tutti, Ci hai creati a tua immagine e somiglianza, Il tuo dal tuo a Te offriamo., Esultiamo, possedendo quest’ancora di speranza.

La conclusione afferma che “L’ethos sociale della Chiesa si realizza non solo attraverso l’attuazione di prescrizioni etiche, ma anche e più pienamente nell’attesa liturgica del Regno di Dio” (PVM 80) ed è evidente il rimando alla liturgia come prima “scuola” di etica cristiana[6], luogo dove acquisire uno stile di vita comunionale con tutto il genere umano e anzitutto con il prossimo, il quale è molto spesso fratello o sorella nel Battesimo.

Oltre alla liturgia, si fa ampio riferimento alle fonti bibliche e patristiche, sembra dire che l’essenziale per l’etica cristiana è già affermato nell’epoca apostolica, come si può vedere negli Atti degli apostoli. PVM sembra incastonare la comunità apostolica nel mondo di oggi, ponendo davanti ai suoi occhi le questioni odierne per ricevere un orientamento sicuro. Le indicazioni chiare ci sono, il testo non manca di ammettere alcuni errori del passato, promuovere nuovi passi, accusare i colpevoli e aprire nuovi orizzonti. Il metodo deduttivo non lascia spazio a equivoci; la struttura e l’approccio sembrano tipici di una chiesa in dialogo con il mondo, comprese le altre denominazioni cristiane, perché

L’inevitabile riferimento non è solo all’ampio insegnamento sociale della Chiesa cattolica che data dalla Rerum novarum di Leone XIII (1891) e alle significative elaborazioni delle Chiese protestanti, a partire dal primo dopoguerra e, in particolare con l’opera del Consiglio ecumenico delle Chiese dagli anni ’70 in poi, ma anche al primo testo sistematico di dottrina sociale ortodossa, prodotto dalla Chiesa russa nel 2001 e poi rielaborato nel decennio successivo.[7]

Facendo scorrere l’indice di FT si possono notare temi simili a quelli di PVM, anche se la prospettiva è differente: Le ombre di un mondo chiuso, Un estraneo sulla strada, Pensare e generare un mondo aperto, Un cuore aperto al mondo intero, La migliore politica, Dialogo e amicizia sociale, Percorsi di un nuovo incontro, Le religioni al servizio della fraternità nel mondo

C’è una prospettiva diversa, per vari motivi. Il primo motivo è dovuto all’equipe che ha lavorato alla stesura, infatti è curata dalla Chiesa Cattolica con contributi da varie conferenze episcopali del mondo[8]. Il secondo è di carattere temporale: i mesi trascorsi tra la pubblicazione di PVM (27 marzo 2020) e FT (3 ottobre 2020) sono stati caratterizzati dalla diffusione del Covid-Sars19 e ogni persona si è accorta della rilevanza che avevano i suoi vicini, il prossimo che chiede o che offre aiuto. Il terzo motivo è da ricercare nei precedenti pronunciamenti di Papa Francesco Evangelii Gaudium (2013) e Laudato Sii (2015), con i quali FT costituisce una trilogia basata sulla fratellanza, soprattutto in profonda sintonia con l’enciclica sulla cura del creato, in cui è citato tra i primi il Patriarca Ecumenico Bartolomeo per la sua audace promozione della custodia del pianeta.

Il metodo di Papa Francesco e della sua equipe di lavoro sembra raccogliere la voce degli uomini e delle donne da ogni parte della terra, attraverso le sue visite o i messaggi dei vescovi locali, per rileggerla alla luce della Parola e restituirla al mondo intero quale annuncio di un nuovo mondo possibile. Dai titoli sopra citati si possono notare toni aperti a nuove possibilità, come scorci di speranza a partire dall’icona biblica della parabola del “Buon Samaritano”. La diagnosi della situazione iniziale e i riferimenti sociali denotano una preferenza per il metodo induttivo, dove si offre a qualsiasi lettore una chiave interpretativa della realtà, cosa che qui è rappresentata dalla parabola di Luca 10,25-37. Questo brano è la descrizione narrativa della carità di Cristo, che diventa il modello di fratellanza universale e amicizia sociale. (cfr. FT 94)

Nel testo di PVM la Chiesa guarda al mondo nella prospettiva del Regno: “Essa abita questa vita sulla soglia tra la terra e il cielo, e testimonia di generazione in generazione delle cose ancora non viste. Essa dimora tra le nazioni, come segno e immagine della pace permanente e perpetua del Regno di Dio e come promessa della perfetta guarigione dell’umanità e della restaurazione di un ordine creato, frantumato dal peccato e dalla morte” (PVM 80). Le pagine di FT invece ritraggono i cristiani come chiamati ad essere fratelli universali, alla maniera di Charles de Foucauld di cui è scritto:

“Egli andò orientando il suo ideale di una dedizione totale a Dio verso un’identificazione con gli ultimi, abbandonati nel profondo del deserto africano. In quel contesto esprimeva la sua aspirazione a sentire qualunque essere umano come un fratello, e chiedeva a un amico: «Pregate Iddio affinché io sia davvero il fratello di tutte le anime di questo paese». Voleva essere, in definitiva, «il fratello universale». Ma solo identificandosi con gli ultimi arrivò ad essere fratello di tutti.” (FT 287)

Sono due prospettive inconciliabili? Uno sguardo attento mostra che le due prospettive non sono inconciliabili, anzi, sono convergenti. Assomigliano a due vicini di casa che guardano nella stessa direzione. L’esempio dei vicini di casa porta a trovare dove gli sguardi dei due testi si incontrano e raggiungono l’umanità di oggi.

Obiettivi e destinatari

Entrambi i documenti che stiamo confrontando rinfrescano la consapevolezza dei cristiani sull’identità della Chiesa nel mondo e il suo impegno sociale come promotrice di uno sviluppo umano integrale. Si ribadisce che essa, unita a Cristo, ha già per sua natura obiettivi e destinatari: seguire Cristo nell’annuncio del Regno ai poveri[9] e corrispondere al mandato missionario “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo” (Mt 28,19).  Uno degli obiettivi comuni dei due documenti è quello di migliorare la condizione del mondo, inteso come ambiente e popoli che lo abitano. Papa Francesco, ad esempio, ribadisce la fonte e i versanti su cui l’impegno sociale si dovrebbe attivare:

Tutti gli impegni che derivano dalla dottrina sociale della Chiesa «sono attinti alla carità che, secondo l’insegnamento di Gesù, è la sintesi di tutta la Legge (cfr Mt 22,36-40)». Ciò richiede di riconoscere che «l’amore, pieno di piccoli gesti di cura reciproca, è anche civile e politico, e si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire un mondo migliore». Per questa ragione, l’amore si esprime non solo in relazioni intime e vicine, ma anche nelle «macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici». (FT 181)

Il Patriarca Ecumenico Bartolomeo auspica che i Cristiani siano parte viva e coraggiosa della società civile, promotori di giustizia e misericordia per tutti.

I Cristiani possono e spesso devono partecipare alla vita politica delle società in cui vivono, ma devono farlo sempre al servizio della giustizia e della misericordia del Regno di Dio. Tale era l’ingiunzione fin dal primo periodo Cristiano: “Ci è stato insegnato a rispettare i poteri e le autorità poste da Dio, purché ciò non ci comprometta”. A volte, questo può implicare una partecipazione attraverso una non perfetta obbedienza, ma dando grande spazio alla disobbedienza civile, e persino alla ribellione. Solamente il Regno di Dio è la prima e ultima lealtà del Cristiano, e tutte le altre alleanze sono al massimo provvisorie, transitorie, parziali e accidentali. (PVM 9)

Questi due fratelli in Cristo hanno partecipato alla preghiera per la pace a Roma il 20 ottobre 2020[10], rappresenta un ponte fatto non di pietre, ma di persone, tutti quanti pieni di stima reciproca per dare speranza al mondo con la loro testimonianza. Da questa prospettiva si vedono numerosi inviti a conversione personale e comunitaria, affinché il Vangelo di Cristo sia annunciato a tutti. PVM si rivolge ai Cristiani, anzitutto Ortodossi, con l’invito chiaro di annunciare con la vita la propria fede; mentre FT è stato scritto come un messaggio destinato a chiunque abbia il coraggio di sognare un mondo migliore:

“Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!” (FT 8)

Intrecci ecumenici

Gli sguardi dei fratelli in Cristo affacciati sul mondo dalla propria tradizione ecclesiale, trovano sempre più punti di incontro e i loro punti di vista sembrano più vicini di quanto sembrasse. Si può notare a questo punto che sia PVM che FT dedicano ampio spazio all’ecumenismo e lo fanno anzitutto guardando nella stessa direzione, cioè verso il mondo attuale, e con gli stessi occhiali, quelli del Vangelo di Cristo e della Tradizione cristiana dai Padri ad oggi.

Papa Francesco esprime l’appello per i credenti di tutte le religioni con l’idea di un unico Padre e dice:

“A partire dalla nostra esperienza di fede e dalla sapienza che si è andata accumulando nel corso dei secoli, imparando anche da molte nostre debolezze e cadute, come credenti delle diverse religioni sappiamo che rendere presente Dio è un bene per le nostre società. Cercare Dio con cuore sincero, purché non lo offuschiamo con i nostri interessi ideologici o strumentali, ci aiuta a riconoscerci compagni di strada, veramente fratelli” (FT 274)

Lui si accosta ai numerosi compagni di strada che ognuno di noi può incontrare nel mondo plurale che viviamo, formato da persone che provengono da culture e religioni differenti. Dice che alcuni di questi “bevono ad altre fonti” (FT 277), mentre per i cristiani la sola sorgente della fratellanza universale e dell’amicizia sociale è il Vangelo. Sembra chiedere uno sforzo comune a tutti, pur dimostrando da dove venga la vocazione dei Cristiani all’impegno sociale e si serve di una musicale immagine molto efficace:

Come cristiani non possiamo nascondere che «se la musica del Vangelo smette di vibrare nelle nostre viscere, avremo perso la gioia che scaturisce dalla compassione, la tenerezza che nasce dalla fiducia, la capacità della riconciliazione che trova la sua fonte nel saperci sempre perdonati-inviati. Se la musica del Vangelo smette di suonare nelle nostre case, nelle nostre piazze, nei luoghi di lavoro, nella politica e nell’economia, avremo spento la melodia che ci provocava a lottare per la dignità di ogni uomo e donna». (FT 277)

In un’ottica simile anche PVM esprime la paternità universale di Dio verso tutti coloro che sono su questa terra (cfr. PVM 55) e a motivo di questo si dimostra che i Cristiani Ortodossi sono aperti al dialogo con le altre religioni e denominazioni cristiane, perché in esso si esprime il mistero dell’Incarnazione.

La Chiesa deve dedicarsi a sostenere un dialogo con gli altri Cristiani. Il dialogo, nella comprensione Ortodossa, è essenzialmente e prima di tutto un riflesso del dialogo tra Dio e l’umanità: è stato avviato da Dio e condotto attraverso il Logos divino (dia-logos), il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Permeando tutta la vita umana, il dialogo si svolge in tutti i nostri incontri, personali, sociali o politici, e deve sempre essere esteso a coloro che aderiscono a religioni diverse dalle nostre. E in tutti i nostri legami e relazioni, la Parola di Dio è misticamente presente, guidando sempre il nostro scambio di parole e idee, attraverso una unione spirituale di cuori in Lui. (PVM 54)

L’essenza del dialogo diventa annuncio della fede in Cristo, il Verbo fatto carne. Da entrambe le parti si può vedere più volte il motivo teologico dell’Incarnazione e questo è alla base della nostra fede comune riassunta nelle parole del Credo niceno-costantinopolitano: σαρκωθέντα ἐκ πνεύματος ἁγίου καὶ Μαρίας τῆς παρθένου καὶ ἐνανθρωπήσαντα (it. per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo).

L’atteggiamento di dialogo è profetico in un mondo diviso e noi Cristiani siamo incoraggiati da questi due uomini di Dio, Francesco e Bartolomeo, per migliorare la vita di tutti a partire dal luogo che abitiamo, “dal basso” della relazione di amore fraterno. Lo sfondo teologico dell’Incarnazione avvicina noi “vicini di casa” l’uno all’altro in una relazione di abbassamento (kenotica) di amore reciproco, dove si confermano le parole di Kallistos Ware: “amarci gli uni gli altri” significa “deporre la nostra vita l’uno per l’altro”[11].

Conclusione

In conclusione, guardare nella stessa direzione e dalla stessa prospettiva è un’impresa possibile, non facile, ma necessaria perché la testimonianza cristiana sia fatta di sguardi vicini e di profezia per il mondo. Tutti quanti vedranno che la speranza cresce di giorno in giorno quando ci si avvicina. È stato mostrato quanto siamo vicini, pur con alcune differenze e incongruenze. La struttura e il metodo di ciascuno di questi documenti sono stati esposti e si è capito quanto siano attuali per il coraggio di approcciare i temi che sono spesso occasione di dibattiti.

Gli obiettivi e i destinatari rispecchiano il messaggio del mandato missionario evangelico, di cui sia Francesco che Bartolomeo si fanno promotori. Nella vastità di questi documenti si sono rintracciati degli intrecci ecumenici che aprono prospettive nuove al dialogo tra Roma e Costantinopoli, ma soprattutto possono promuovere iniziative e progetti da Cattolici e Ortodossi insieme verso il mondo contemporaneo.

Si auspica infine che questi messaggi autorevoli riescano a raggiungere chi, “dal basso” della vita quotidiana e fraterna in un contesto plurale, può riconoscersi vicino a chiunque è figlio o figlia dell’unico Padre e abitante dell’unico mondo. In questa ottica il pluralismo non spaventa più e viene abitato dalla profezia dell’unità nella Trinità.

Come scrisse all’alba del nuovo millennio Papa Giovanni Paolo II in riferimento alla grande responsabilità dei cristiani di generare un futuro migliore a partire dalla loro unità ritrovata, “dopo secoli di aspre polemiche, le altre Chiese e Comunità ecclesiali sempre di più scrutano con uno sguardo nuovo tale ministero di unità” (Ut Unum Sint 89). Gli sguardi dei Battezzati si rinnovano nel mistero di Cristo e della Chiesa per convergere incontrarsi sempre più da vicino.

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