16 agosto 2021
16 ago 2021

Non a fianco o sopra, ma “dentro” il popolo di Dio

Non a fianco o sopra, ma “dentro” il popolo di Dio
La questione seria per la vita religiosa oggi è rilanciare il Vangelo della fraternità su basi nuove, ricchi di immaginazione e sapienza evangelica.
di  Rino Cozza, csj
Testimoni
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Durante il Concilio, il vescovo P. M. Richaud apprezzò che si fosse tolto il sostantivo «religiosi» a favore di «vita religiosa».
Dal Concilio in poi è nella condivisione della vita di tutti che i consacrati sono invitati a rivelare il volto di Dio, investendo la vita nel restituire alla gente della strada il Vangelo che le appartiene. È dunque il tempo di attivare collaborazioni, cooperare integrandosi con le persone che in un dato territorio hanno una potenziale influenza nel mobilitare il cambiamento atteso.
Questa comunione significa prendere coscienza della propria identità per aprirsi all’alterità. Si tratta di vivere insieme facendo in modo che non si viva più semplicemente gli uni a fianco degli altri in una opacità reciproca, ma gli uni verso gli altri, e che ci si realizzi in questo rapporto di scambio, poiché la fede cristiana ha il suo elemento cardine proprio nelle relazioni vere, buone, sane, interessanti. Ne consegue che una forma di vita che gira attorno a se stessa non è più comprensibile e quindi appetibile.

Dall’unicità alla molteplicità dei modelli di comunione

Papa Francesco in occasione dell’anno della vita consacrata con la Lettera apostolica ai Consacrati, intravedeva tratti di fecondità per la vita di comunione nel «far sorgere altri luoghi dove si viva la logica del dono, della fraternità, dell’accoglienza della diversità» (Francesco, Lettera apostolica a tutti i consacrati in occasione dell’anno della VC 21 11.14 n.2). Altri luoghi che permettano di sentirsi viandanti con coloro che camminano e cercatori con coloro che cercano attraverso rapporti umani che siano frutto e segno del primato dell’ascolto della Parola rispetto ad altro.
Che la varietà di modelli sia un elemento indicato come arricchente, è detto anche nel documento della congregazione dei religiosi in cui si afferma che «il riconoscimento positivo della diversificazione dei modelli e di stili di vita fraterna costituisce oggi uno degli esiti più significativi del soffio innovatore del Concilio» (Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, Rallegratevi, 2014, n.4).

C’è qui l’implicita ammissione che in questi ci sono dei tratti di compiutezza che vanno valorizzati anche dalla vita religiosa perché attingono a categorie della contemporaneità nelle forme di approccio e di comunicazione, di spontaneità e di immediatezza.
Tutto questo nasce dalla constatazione che ancora oggi, in un mondo di inquietudine e di inospitalità c’è nostalgia di relazioni personali e comunitarie che si esprime in particolare nella diffusione di gruppi, movimenti, associazioni in cui il paradigma antropologico ha assunto consistenza e visibilità storica.

Dove traspaia l’essere «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32)

Non c’è comunità senza un vero «incontro», e che la comunità diventa comunione, «sacramento» di salvezza, dove e quando c’è quella comunicazione reale che si fa vera «condivisione». Ne consegue che non c’è comunità in quelle forme che presentano una dinamica relazionale con Cristo e con gli altri così debole che sembrano avere a che fare soltanto con qualcosa di organizzativo e amministrativo, con tensioni sul nulla, piuttosto che con spazi di umanità serena, che trasmetta la voglia di incontro e di frequentazione.
Papa Francesco insiste particolarmente sull’ essere fraternità, non quella intesa unicamente in senso spirituale-universalistico, istituzionale, ma quella che si esprime attraverso la «prossimità», quella concepibile quale modello dì relazioni tra persone con cui sia possibile intrattenere rapporti positivi, una comunicazione schietta, non priva di empatia cioè con la capacità di rendersi conto di ciò che pensa, sente, vuole, chi mi sta vicino: è così che la Chiesa può mostrare il suo volto generativo.
Siamo dunque chiamati a sottoporre a critica storica molti dei presupposti culturali che ci siamo portati dietro da altri tempi, uno dei quali è quello di identificare koinonia (vita in comunione) con vita sotto lo stesso tetto quasi a dire che se c’è la seconda, necessariamente c’è anche la prima. Da qui il pericolo, specie per quelle comunità numericamente rilevanti, di reggersi su una concezione collettivistica per la quale sarebbe il sistema di valori a tenere insieme e questo basterebbe a riconoscersi come confratelli e consorelle a prescindere dalla qualità e numero delle comunicazioni dirette.
Allora la questione seria per la vita religiosa oggi è rilanciare il Vangelo della fraternità su basi nuove, perché il domani ci sarà per quella vita religiosa che saprà assumere modi di operare aperti a sogni flessibili, ricchi di immaginazione e sapienza evangelica.

Cosa dovrebbe vedere chi si avvicina a un religioso!

Alla vita religiosa è ora offerta l’opportunità di riacquistare la capacità fecondativa, con il dire Dio in modo nuovo, e farlo apparire nella sua bellezza accogliente e ospitale dell’umano, attraverso persone dal cui modo di vivere traspaia che credere non è farsi imbrigliare l’umanità, la vitalità, la bellezza, la spontaneità ma semmai farla esplodere in pienezza. Persone la cui spiritualità sia in armonia con la vita, espressa con modelli evangelici che interpellino l’uomo del postmoderno piuttosto che schemi di spiritualità poveri di originalità, sovraccarichi di forme devozionali alla deriva, diffidenti verso la società e le nuove sperimentate correnti spirituali. Oggi l’attenzione non è sulle “etichette” ma sulle evidenze evangeliche, che tali si definiscono dalla vita in atto, dal mostrare quanto viva sia l’azione dello Spirito Santo.
Soltanto se questo sarà reso visibile, sarà anche possibile offrire con frutto soprattutto ai giovani, la possibilità di condividere l’esperienza della ricerca di Dio e della fraternità, cioè di vivere con altri, oltre lo spazio della propria casa, dentro una convivialità e un esercizio collettivo di umanità che eviti il rischio di essere vinti dalla omologazione e dalla solitudine

Testimoni è una rivista mensile, del Centro Editoriale Dehoniano, con sede in Italia, a Bologna. La sua tiratura attuale è di circa 4.000 copie. Essa è anche online.

È una rivista di informazione, spiritualità e vita consacrata. Da oltre 35 anni si pone al servizio della vita consacrata con speciale attenzione all’attualità, alla formazione spirituale e psicologica, alla informazione sugli avvenimenti più rilevanti della Chiesa e degli istituti religiosi maschili e femminili.

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