18 ottobre 2016
18 ott 2016

I muri nell’anno della misericordia

di  Rinaldo Paganelli, scj
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La misericordia un cammino difficile

Sembra quasi una contraddizione, ma risulta vero il fatto che nell’anno della misericordia voluto da papa Francesco il bisogno di muri si è fatto quasi più forte. In Ungheria si è appena tenuto un referendum per motivare la costruzione di un muro, fortunatamente non si è raggiunto il quorum, ma la maggioranza di chi è andato a votare si è espressa in maniera favorevole alla costruzione del muro. Quello ungherese e bulgaro-turco potrebbero non essere gli ultimi. C’è un muro vero che va edificandosi a Calais. La Gran Bretagna ha concluso con la Francia un accordo per finanziare con 15 milioni di euro una palizzata che renda il porto sempre più inaccessibile ai migranti con l’intenzione di raggiungere via mare l’Inghilterra, che di fatto ha esteso, per motivi di sicurezza, il suo confine fino in Francia. I muri crescono in poco tempo, ma poi sono ferite che non si rimarginano facilmente nel tempo.

A Belfast i segni della separazione

Recentemente ho avuto l’occasione di essere a Belfast (Irlanda del Nord), ed ho percepito che è difficile superare le divisioni. Durante i trent’anni e più del conflitto nordirlandese, detto localmente “The Troubles”, fu combattuta una sorta di guerra a bassa intensità tra le due distinte entità identitarie: quella degli irlandesi cattolici, propensi alla riunione delle 6 contee settentrionali con il resto dell’Irlanda, e quella dei protestanti fedeli alla corona britannica, detti appunto lealisti o unionisti.  A Belfast, quindici anni dopo la firma degli accordi del Venerdì santo (10 aprile 1998) che misero fine a trent’anni di troubles fra unionisti protestanti e repubblicani cattolici, i ‘muri della pace’ sono ancora tutti in piedi. Nessuna delle barriere che dividono le due comunità è stata distrutta. Belfast Interface Project, associazione che opera per il riavvicinamento fra cattolici e protestanti, ha censito 99 muri, segno tangibile che la riconciliazione è ancora lontana. I cittadini si sentono più sicuri al riparo dalle barriere, che da decenni li proteggono dai lanci di sassi, bottiglie e petardi della parte avversa. Solo il 14 per cento degli abitanti dei quartieri a rischio è favorevole all’abbattimento dei peace walls.

Il muro garanzia di sicurezza

“Il muro deve restare, grazie ad esso ci sentiamo più tranquilli, soprattutto durante le parate di luglio”, così si esprimono gli abitanti cattolici di Duncairn Avenue, dove passa il corteo che festeggia la vittoria, nel lontano 12 luglio 1690, del re protestante Guglielmo III d’Orange sul cattolico Giacomo II. Decenni di violenze, che hanno fatto 3.500 morti in una provincia di 1,8 milioni di abitanti, hanno lasciato cicatrici profonde. Una ricerca fatta dalla Queen’s University di Belfast in dodici quartieri della città ha rivelato che il 68 per cento dei ragazzi fra i 18 e i 25 anni non hanno mai avuto una conversazione con i coetanei dell’altra comunità. Il sistema scolastico prevede solo il 5 per cento di classi miste. Anche i club sportivi sono divisi per appartenenza religiosa e le giovani generazioni vivono in universi separati fino all’ingresso nel mondo del lavoro. Una nuova via di riconciliazione può forse offrirla il turismo che negli ultimi anni ha scoperto i “political tours”, le visite guidate dei murales dell’unionista Shankill road e della repubblicana Falls road. Il periodo buio dei troubles viene rivisitato da frotte di vacanzieri. Storie tristi diventano motivo di curiosità e di business.

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