30 marzo 2022
30 mar 2022

Quando anche Dehon fu profugo…

Quando anche Dehon fu profugo…
Nel mondo oggi vi sono più di 80 milioni di profughi. La guerra in Ucraina fa emergere come questo dramma aumenta in modo esponenziale. Anche p. Dehon ha vissuto il dramma della guerra e dell’essere profugo, non senza conseguenze psicologiche.
di  Jakub Bieszczad scj
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Il 28 agosto 1914, la guerra arrivò a Saint Quentin… E benché sia una città francese, si trova molto rapidamente dalla parte tedesca del fronte, costretta a vivere sotto l’occupazione tedesca. Per capire cosa significava, sembra bastare accennare una storia che il Padre Fondatore ha riportato nei suoi quaderni di guerra: due giovani religiosi, P. Ignatius Devrainne e Fr. Emil Bontemps, andarono a fare la loro tipica passeggiata mattutina in cerca di notizie e non tornarono per il pranzo. Si scoprì che furono stati arrestati perché avevano riso d’un plotone tedesco di passaggio. Vennero poi processati con il rischio d’essere prigionati. Fortunatamente, tutto si concluse con una multa.

L’anno 1917, dopo un lungo stallo della guerra di trincea, portò delle controffensive francesi e britanniche senza particolari successi; soprattutto a causa degli aiuti americani, lo stato maggiore dell’armata imperiale fu costretto a far in modo che il fronte di guerra più a nord. La popolazione doveva essere evacuata e le infrastrutture delle città occupate dovevano essere bombardate. Una delle città colpite da questa azione fu Saint-Quentin.

L’evacuazione da Saint-Quentin

Ciò avvenne a metà marzo del 1917. Naturalmente, per la gente del posto furono giorni di paura per  ciò che sarebbe successo, rafforzata dalla costante requisizione di oggetti di rame da utilizzare nella fabbricazione di cannoni d’artiglieria. L’evacuazione, annunciata già il 2 marzo, rese le ultime due settimane un periodo di preparazione insopportabile, e bisognava lasciare quasi tutti. Nelle sue note, Dehon scrisse che circa 25.000 franchi furono andati persi in libri seppelliti. Secondo i calcoli di Emiel Lambert del 2011, dieci anni fa questo sarebbe stato di circa 100 000 euro.

Leggendo gli appunti di Dehon, pare che il 12 marzo sia arrivata l’informazione che la mattina seguente sarebbero stati portati via da Saint-Quentin. Ma lasciamo che sia lo stesso Dehon a raccontare la storia. Seguiremo le sue Notes quotidiennes (corsivo) e i suoi quaderni di guerra intitolati la “Casa del Sacro Cuore durante la guerra” (tondo):

Il 12 marzo, dopo diversi giorni di ardua preparazione, ecco l’esilio. Il 13, partenza. Alle cinque del mattino alla stazione, per partire alle 9. Ho celebrato la Messa alle 4 e ½. Ci misero in un autocarro. Ci sedemmo sui nostri bagagli. Il rifornimento americano ci aveva dato dei biscotti e del cioccolato per il viaggio. Io lasciavo le mie due case ammobiliate (Sacré-Coeur e Saint-Jean – J.B.), la cappella del Sacro Cuore era tutta arredata.

Il viaggio fu faticoso: lunghe soste. Incertezza sul termine del viaggio. Si parlava di Givet. La sera sbarcammo a Enghien. Spossati, coi nostri bagagli a braccio, non potevamo uscire dalla stazione che uno a uno. La municipalità di Enghien ci voleva contare: assurdità dell’amministrazione. Cadevamo di fatica. I Gesuiti ci accolsero fraternamente. Ero spossato di fatica e di impressioni. Non me ne rimetterò mai completamente.

Ho pensato che sarei morto d’infarto quando ho lasciato la stazione  Fiat voluntas Dei!

Una storia che si ripete

Tutto questo è successo 105 anni fa. Quando leggo queste parole, mi viene in mente ciò che padre Karol Rudzok, novizio che all’inizio di seconda guerra mondiale coi compagni scappa dalla Polonia all’Italia a piedi, ha scritto nelle sue memorie sulla partenza dal noviziato a Felsztyn nel 1939: La casa di Felsztyn era già quasi vuota! Il momento era arrivato anche per me, perché appartenevo all’ultimo gruppo. Facendo i bagagli, sono andato a salutare il padre maestro e l’ho trovato mentre pregava il breviario. Credo che gli stavano scendendo le lacrime agli occhi quando l’ho informato che l’ultimo gruppo era pronto a partire…

Vale la pena ricordare che noi religiosi non siamo protetti mai dal monastero durante la guerra. Il nostro pensiero va ai nostri confratelli in Ucraina, che hanno paura e stanno tuttavia in mezzo alla gente, in prima linea. La storia dell’avventura di guerra del Padre Fondatore ci ricorda la verità che siamo tutti solo pellegrini in cammino verso il Padre. E ci può capitare di dover cercare rifugio presso i nostri fratelli…

Padre Dehon è arrivato in un giorno a Enghien, una città belga a circa 30 km a sud-ovest di Bruxelles. Lì i gesuiti lo hanno accolto come ospite. Il suo soggiorno a Enghien fu prolungato perché le autorità di occupazione tedesche non vollero rilasciargli un passaporto per permettergli di soggiornare al generalato di Bruxelles Ixelles. Lì ha anche avuto l’opportunità di incontrare il grande missionario di Russia P. Michel d’Herbigny. Sembra che sia stato lui a prendersi cura di P. Dehon, perché si è ferito mentre scendeva dal furgone. Ci lascia una testimonianza sullo stato d’animo di P. Dehon. Sembra che la guerra abbia portato il nostro fondatore all’incontro con la propria vecchiaia.

Gli effetti psicologici della guerra in Dehon

Il Padre Fondatore ha vissuto la guerra in modo molto intenso e ne parlava che in termini diabolici; così descriveva anche il trionfo del Sacro Cuore, di cui parlavano spesso, e in modo abbastanza apocalittico. Questo deluse molto il suo compagno, soprattutto perché ne aveva sentito parlare come di una persona controversa ma piena di energia. Il sacerdote, che si avvicinava lentamente ai 75 anni, cominciò a dire nelle sue lettere di questo periodo che era vecchio, inadatto a viaggiare, doveva rimanere dov’era e aspettare con ansia la morte. Era ansioso di avere notizie dai malati su P. Adrian Guillaume, che aveva scelto come suo successore dopo la morte di P. Prévot. Inoltre, una settimana dopo essere arrivato finalmente a Bruxelles, P. Guillaume morì a Lovanio, il 28 luglio.

Ripartire e ricostruire

Accompagnando il P. Dehon in quelli che sembrano essere stati i momenti più difficili della sua vita, dobbiamo ammirare la sua determinazione nel recupero le forze e nel ripartenza dei nuovi progetti, come la basilica romana dedicata al Sacro Cuore di Cristo Re, un ex voto per il ripristino della pace. Dehon trovò ancora forza per viaggiare a Roma, presso il suo amico Papa Benedetto XV. Inoltre, fu determinato a ricostruire la propria opera dopo la guerra, sia a Saint-Quentin che in altre parti del mondo. Il suo zelo è splendidamente espresso in una lettera circolare inviata alla fine di luglio del 1919, all’inizio del Capitolo Generale che intraprese la ricostruzione ed elesse come primo consigliere il P. Joseph Laurent Philippe, il primo successore di Dehon:

Abbiamo fatto del bene. Le nostre missioni stanno conquistando migliaia di anime alla Chiesa. In Europa lavoriamo per la salvezza delle anime attraverso il santo ministero, attraverso la predicazione e i ritiri. Questo è buono, ma non è tutta la nostra missione. Dobbiamo unire lo zelo di Sant’Ignazio alla pietà di Santa Gertrude. Rileggete il capitolo fondamentale delle nostre costituzioni. Il nostro scopo speciale è una tenera devozione al Sacro Cuore, un culto d’amore e di riparazione. Quello che abbiamo fatto per questo fino ad ora non è sufficiente, dovremo fare grandi risoluzioni. Dobbiamo diventare quanti il Nostro Signore ci vuole.

Cominciamo ringraziando Dio per tutte le benedizioni che abbiamo ricevuto da lui negli ultimi quarantadue anni. La gratitudine attira nuove grazie. Offriamoci di nuovo al Sacro Cuore per vivere e morire nel suo amore, nella vita interiore, nella vita di riparazione e di immolazione. Preghiamo per lui! Preghiamolo molto… Ma soprattutto umiliamoci. Chiediamo sinceramente perdono per tutte le nostre mancanze, per tutto ciò che può aver ritardato e diminuito le grazie che Nostro Signore intendeva per noi e che ha voluto dare alla Chiesa per il nostro ministero e in cambio dei nostri sacrifici.

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