07 novembre 2021
07 nov 2021

La Chiesa di Dio è convocata in Sinodo: In dialogo con Myriam Wijlens

Intervista con Myriam Wijlens, teologa olandese e docente di diritto canonico all'Università di Erfurt (Germania). Papa Francesco ha nominato Myriam Wijlens come "consulente" del Sinodo dei vescovi del Vaticano.

di  Stefan Tertünte scj

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La professoressa Myriam Wijlens è nata nei Paesi Bassi. Ha studiato diritto canonico a Ottawa, in Canada, dove ha fatto amicizia con molti dei nostri dehoniani canadesi, con i quali continua a mantenere i contatti. Attualmente insegna diritto canonico all’Università di Erfurt, in Germania. Nel 2018, Papa Francesco l’ha nominata alla Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori. Ha molta esperienza con questioni difficili riguardanti l’abuso di minori e di adulti vulnerabili nella Chiesa cattolica. Già solo questo sarebbe un argomento interessante per un’intervista. Ma il nostro incontro di oggi riguarda un altro argomento. Quest’anno Papa Francesco ha nominato la professoressa Wijlens consulente del Sinodo dei Vescovi. E il 7 settembre è stata una delle presentatrici del documento di preparazione del Sinodo dei Vescovi sul tema Per una Chiesa sinodale: Comunione, partecipazione e missione.


Stefan: Professoressa Wijlens, la mia prima domanda è un po’ personale… Cosa ha significato per lei, come donna, presentare un documento per il Sinodo dei vescovi nella sala stampa vaticana?

Myriam: Grazie per questa domanda, e grazie per avermi invitato a questa intervista. Conosco i Sacerdoti del Sacro Cuore da, credo, più di 35 anni. Ogni inverno vado a pattinare e a sciare con i vostri confratelli a Ottawa. Quindi, li conosco molto, molto bene e sto con loro nella loro casa. La considero la mia seconda “casa”.  Anche la vostra Casa Generalizia a Roma è diventata un luogo molto significativo per me.  Alcune delle nostre commissioni vaticane si sono radunate in casa vostra; ed è davvero meraviglioso sperimentare la vostra ospitalità.

Lei chiede cosa significa per una donna presentare un documento nella Sala Stampa Vaticana. Quello che è stato così bello nella presentazione – e che ho apprezzato molto – è che sul podio dove abbiamo presentato il documento, c’era il cardinale Mario Grech, un altro vescovo, una suora: lei e il vescovo sono sottosegretari. Poi c’era un sacerdote, e io ero lì come laica. Così, sul podio era veramente rappresentato il popolo di Dio in tutta la sua diversità. Ho pensato che questo fosse di per sé una dichiarazione di come la Chiesa si stia muovendo verso un diverso modo di pensare e un diverso modo di agire. Il modo in cui eravamo seduti e in cui parlavamo dimostrava l’interazione che abbiamo avuto negli ultimi mesi tra di noi nell’ufficio del Sinodo dei Vescovi. Ha mostrato davvero che siamo come popolo di Dio, in cammino, in viaggio. Ha mostrato che il processo di discernimento che abbiamo fatto negli ultimi mesi è stato davvero un processo sinodale. Per me è stata una bellissima esperienza di ciò che stavamo allo stesso tempo presentando e parlando.

Soffermiamoci su ciò che lei stava dicendo sul Sinodo. La domanda si sposta ora sul contenuto, ossia: qual è lo scopo del Sinodo e del suo processo?

È una specie di doppio compito. È un sinodo sulla sinodalità. Ciò che stiamo facendo è allo stesso tempo ciò che vogliamo sperimentare. Ciò su cui stiamo riflettendo è ciò che il Santo Padre vuole che la gente sperimenti. Di cosa si tratta? Penso che se si torna al Vaticano II, vediamo che papa Francesco non sta cambiando nulla, ma sta solo implementando ulteriormente il Concilio Vaticano II. Quel Concilio ha prestato molta attenzione al rapporto tra il Papa e i vescovi. Questo era un argomento avanzato dal Vaticano I, che si era concentrato sul papato. La relazione tra il papa e i vescovi fu chiarita meglio nel terzo capitolo della “Costituzione sulla Chiesa” del Vaticano II, Lumen Gentium. Tuttavia, durante quel concilio anche i vescovi si resero conto che fu necessario inserire un capitolo sul “popolo di Dio” e che doveva precedere il capitolo sulla gerarchia. Nel capitolo sul popolo di Dio si trova ciò che è comune a tutti i battezzati. In esso c’è un’enfasi molto forte sull’opera dello Spirito Santo all’interno della comunità.

Un altro aspetto importante per comprendere l’attuale attenzione alla sinodalità risiede nella mutata dottrina del Vaticano II sulla rivelazione come espressa nella costituzione dogmatica Dei Verbum. Prima del Concilio la rivelazione era molto intesa come proposizioni con un insieme di dottrine che venivano consegnate al popolo (laici) che doveva impararle a memoria. Il Vaticano II spiega che Dio parla agli uomini come amici e vive in mezzo a loro per entrare in comunione con loro (DV 2).  La rivelazione è un incontro delle persone con Dio e avviene in parole e azioni. Lo Spirito Santo conduce tutti nella relazione e nella comprensione (DV 5). Di importanza decisiva è che la Parola di Dio sia ascoltata e sentita da tutti, compresi i membri ordinati del popolo di Dio. Le persone incontrano Dio direttamente. Nei prossimi mesi siamo tenuti a sviluppare un apprezzamento per il fatto che tutti i fedeli, ciascuno e tutti, possono incontrare Dio personalmente.

In passato, a volte abbiamo pensato che questo passasse solo attraverso i sacerdoti e i vescovi. Ma il Concilio ci ha riportato al punto di partenza: tutti possono avere questo incontro. Questo è un concetto molto importante nel Concilio, l’idea di una persona che incontra Dio direttamente. Penso che questo sia anche ciò che ci viene chiesto di fare in tutto questo processo sinodale: aiutarci a vicenda ad ascoltare ciò che lo Spirito Santo sta dicendo a ciascuno e a tutti noi insieme. Questo ascolto deve avvenire in modo da poter essere una vera chiesa missionaria. Ognuno in questo processo, non importa dove sei nel mondo, quale status hai nella vita, se sei giovane o vecchio, ricco o povero, se appartieni agli emarginati, tutti possono avere questo incontro con Dio. Perciò dobbiamo ascoltarci a vicenda, discernere ciò che la Parola di Dio ci sta dicendo qui e ora e poi discernere verso dove.

Nell’ascoltarla, si scopre che tutto ciò ha a che fare molto di più con un’attitudine spirituale che con le strutture.

Penso che sia proprio così. Il Papa sta dicendo che la Chiesa ha bisogno di ciò che chiamerei una “conversione”. Il Sinodo non riguarda le strutture, ma riflette chi siamo e dove siamo. Dobbiamo differenziare “Sinodo” e “Sinodalità”. Il sinodo è una forma di esercizio della sinodalità, nella quale ci si riunisce e ci si ascolta a vicenda. Ma la sinodalità può dispiegarsi anche in altri processi. Nella vita religiosa si ha una forma di sinodalità senza mai tenere un sinodo. Quindi, ci sono diversi modi di esprimere tutto ciò.  La sinodalità riguarda molto il camminare insieme e l’ascoltarsi a vicenda, trovare la comunione.

Dal momento che parliamo di un processo, può brevemente delineare i passi più rilevanti di questo processo sinodale, che risultano abbastanza insoliti?

Il documento preparatorio del Sinodo si apre con le parole: “La Chiesa di Dio è convocata in sinodo”. Il documento usa anche la terminologia “Sinodo di tutta la Chiesa”. Quindi non si tratta solo del Sinodo dei vescovi. Inoltre, se si osserva il documento, ha un titolo che recita: “Sinodo 2021-2023”. Quindi, non è solo un Sinodo dei Vescovi del 2023 ma è un Sinodo di tutta la Chiesa e il documento usa la terminologia “l’Assemblea dei Vescovi che si riunirà nel 2023 all’interno del Sinodo di tutta la Chiesa”. Ciò è nuovo, ma è del tutto in linea con il Vaticano II. Il processo, quindi, è molto particolare. In passato, c’era un processo preliminare e ora questa fase preliminare è diventata parte del sinodo. L’ascolto di tutta la Chiesa non è una questione preliminare, ma fa parte di tale processo. Inoltre, il sinodo inizia nelle diocesi e questo è dunque un’espressione della dottrina formulata nel Vaticano II che la Chiesa vive nelle e dalle chiese locali.

Si tendeva a guardare molto alla e dalla prospettiva della Chiesa intera, ma ora si dà più peso alla chiesa locale, alle diocesi, e quindi alla diversità e agli aspetti culturali in queste chiese locali. Le persone nella vita religiosa sono un po’ più abituate a questo, perché hanno province, in tutte le parti del mondo (ad esempio in Camerun, Indonesia, Canada, Olanda, Polonia, Finlandia). Quindi, ciò che ora è necessario per tutti è imparare ad ascoltare queste differenti voci e discernere ciò che sentiamo e dobbiamo fare insieme.

Il percorso che proponiamo è che ogni Vescovo nella sua diocesi nomini una persona che coordini i processi di ascolto a livello locale. Si chiede ai vescovi di garantire che questo processo includa non solo le persone con le quali si è sempre in contatto, ma anche quelle ai margini, affinché siano ascoltate. I vescovi dovrebbero fare un passo avanti – forse tutti noi dovremmo fare un passo avanti – per fare questo. Quando i vescovi concluderanno questo processo, dovranno sedersi insieme nelle loro conferenze episcopali non tanto per scrivere un rapporto ma per discernere e interrogarsi: Cosa sentiamo dall’interno delle nostre diocesi? Cosa c’è di buono, cosa deve essere migliorato e poi cosa riferire a tutta la Chiesa? Questo avverrà la prossima estate.

Dopo aver ascoltato le relazioni delle conferenze episcopali, la segreteria del Sinodo a Roma scriverà un altro documento che andrà alle strutture continentali. Impegnare queste istituzioni è una novità nel processo sinodale. Le strutture continentali sono, ad esempio, il CELAM in Sud America, o la Federazione delle Conferenze Episcopali Asiatiche (FABC) in Asia, o il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE). Queste istituzioni assumeranno ora un ruolo attivo e in questo modo speriamo di vedere un po’ meglio ciò che è più specifico per ogni continente. I risultati di questo processo di discernimento continentale saranno presentati a Roma e la Segreteria del Sinodo scriverà poi il documento per l’Assemblea dei Vescovi del Sinodo del 2023.

Parliamo ora della Sinodalità e dei religiosi. I religiosi potrebbero dire che hanno già strutture sinodali. Abbiamo assemblee, abbiamo elezioni, abbiamo capitoli, scadenze negli uffici, ecc. Perché dovremmo essere interessati a questo processo?

Penso che abbiate una particolare sfida. Sono abbastanza coinvolta con le comunità religiose, servendo come consulente canonico per alcune di esse, e penso davvero che una delle grandi sfide per un certo numero di istituti religiosi è, ad esempio, se siano davvero capaci di ascoltare le persone di altre culture anche all’interno delle loro comunità religiose. Quanto è dominante la cultura europea in molte delle comunità religiose? Nell’ascolto, dobbiamo riconoscere le diverse culture e i pregiudizi tra le culture, compresa la nostra. Come ascoltiamo veramente, come ci impegniamo veramente? Penso che questa sia una sfida, come lo è l’atto di vivere in comunità sotto lo stesso tetto. Si vive insieme o solo uno accanto all’altro?

Questo riguarda tutti i livelli della comunità. In effetti pensavo a questa domanda mentre ero a casa vostra dieci giorni fa. Cosa significa vivere in comunità religiosa in relazione al lavoro che molti dei vostri confratelli svolgono? Molti di loro esercitano il ministero di parroco. Quando esercitate il vostro ministero – che è essenziale per voi come religiosi – come vivete questa sinodalità? Come la esercitate in una parrocchia affidata alle vostre cure? Come vi relazionate con le minoranze? Che atteggiamento avete nei confronti delle donne o dei poveri? Come incoraggiate la diversità in un consiglio parrocchiale, sapendo che è molto più facile lavorare con persone che la pensano come voi?

Penso che anche questi siano processi di apprendimento per essere sinodali. C’è un Vademecum, un manuale che è stato scritto per il Sinodo. Le persone hanno chiesto: “E le scuole?”. “Come ascoltiamo i bambini?” Nella vostra comunità e in alcune parti del mondo, avete delle scuole, potreste anche avere delle pensioni. Allora, come si fa ad ascoltare ciò che i bambini hanno da dire? Come si dà loro voce in tutto questo processo? I bambini non sono oggetti e questa convinzione deriva dal mio lavoro nel campo degli abusi. Non sono solo ricevitori, sono anche protagonisti, ma spesso tendiamo a insegnare loro invece di ascoltarli. Quindi, penso che sia una meravigliosa sfida che i religiosi hanno nel loro modo di esercitare il loro ministero.

Questo mi ricorda che la sinodalità non è solo una questione di strutture, e che non basta che ci sia un capitolo per avere delle elezioni; occorre altresì una capacità di ascolto reciproco e degli altri al di fuori della congregazione. E questo può essere, come lei ha detto, una sfida specifica per le congregazioni clericali maschili che – in certi momenti – hanno uomini in una posizione di potere, ad esempio nelle parrocchie e in altri istituti cattolici, no? 

Myriam: Certo, è una questione di come si diventa consapevoli di ciò che si sta facendo. Una questione è quando siete nelle vostre comunità, altro è se avete un ministero. E in questo caso significa dare voce e permettere alle persone di parlare. Penso che i religiosi abbiano un compito speciale. Ne sono profondamente convinta nella nostra Chiesa e non penso solo alle diocesi e alle strutture episcopali. C’è un compito profetico specifico per i religiosi. Non sarebbe meraviglioso se alla fine potessimo dire che i religiosi sono stati quelli che hanno dato un contributo particolare, perché hanno portato questa esperienza dentro il processo di apprendimento? Ma anche i religiosi possono essere più consapevoli degli altri sul fatto che discernere in comune richiede tempo. Che ci possono essere punti di vista contrastanti che portano a gravi tensioni. Come avvocato canonico so troppo bene che questo accade anche nelle comunità religiose. La questione è allora: cosa possiamo imparare dai religiosi per risolvere le tensioni che sorgono in un processo di discernimento?

Alcuni religiosi potrebbero pensare: noi abbiamo già le nostre riunioni di tipo sinodale all’interno della nostra vita comunitaria come religiosi. Eppure si possono sollevare delle domande: Il provinciale, il superiore della casa dice: “Bene, ascolta, questo è quello che abbiamo deciso, questo è il problema, questo è un argomento”, o ti chiede: “Hai delle preoccupazioni?” Si comincia con chi decide cosa mettere all’ordine del giorno di una riunione. Un passo successivo consiste nel riflettere sul modo in cui le riunioni sono moderate: come viene facilitato l’ascolto? Tutte le voci possono essere ascoltate? Come ci ascoltiamo a vicenda? Come si arriva ad una decisione?

Accanto all’ascolto vi è un altro aspetto: la leadership. Non c’è niente di più frustrante che chiedere alle persone di esprimere la loro opinione e poi agire senza tener conto delle loro opinioni. Oppure non attuare ciò che si è accordato o ciò che il gruppo ha deciso. La questione della responsabilità rimane aperta. Attualmente sto co-moderando un progetto di ricerca sulla “Responsabilità in una chiesa sinodale”. Abbiamo invitato un ex superiore generale di un istituto religioso clericale molto grande a riflettere con noi su temi come “Cosa possono imparare le diocesi dagli istituti religiosi sulla responsabilità? Cosa possono imparare dall’esperienza dei capitoli? Che dire delle dimissioni dopo due mandati? Cosa significa tutto questo? Come potrebbe la Chiesa beneficiare di queste disposizioni ed esperienze?

I religiosi dovrebbero sentirsi incoraggiati a parlare delle positive esperienze, ma anche delle sfide che ne derivano. Non aspettate che vi venga chiesto, ma parlate e condividete! Avete qualcosa da offrire!

Facciamo un passo indietro, sul processo sinodale. Ci sono già diverse esperienze nella Chiesa universale che coinvolgono i sinodi, i concili locali. Questo non rappresenta forse un modo troppo elaborato di fare un sinodo, che rischia di sovraccaricare le chiese nazionali, passando da una riunione all’altra?

Penso che Papa Francesco abbia iniziato tutto questo cammino sinodale già nel 2015 quando a 50 anni dall’istituzione dei sinodi dei vescovi vi ha riflettuto.  Alcune chiese hanno già iniziato a percorrere il cammino della sinodalità. Ad esempio la Chiesa in Germania e in Australia. Quest’ultima celebra attualmente un consiglio plenario formale. La chiesa in Irlanda sta iniziando un sinodo per tutto il paese. In questi tre paesi questi processi sono nati come risposta alla crisi degli abusi sessuali. Si sono resi conto che vi sono problemi sistemici e che non è possibile andare oltre, bensì è necessario trovare un nuovo modello di interazione e di decisione. La cultura ecclesiale deve cambiare. Un nuovo percorso deve essere ricercato. Ma trovare un nuovo percorso non è solo responsabilità del clero, ma deve essere fatto coinvolgendo tutti i fedeli interessati in questo processo.  L’Australia, la Germania, l’Irlanda… sono esempi di paesi dove la persone hanno iniziato il cammino. Anche altri luoghi hanno iniziato il cammino. Non dobbiamo dimenticare: quando il sinodo sarà chiuso nel 2023, il processo sinodale non terminerà. Sono convinta che dovrà continuare e radicarsi anche in seguito nelle chiese. Chi è già in cammino, per così dire, può, in modo creativo, riflettere su quanto sta accadendo. A volte la gente chiede: e il cammino sinodale in Germania? Penso che questo sia un modo di procedere, ma ci sono molte altre strade possibili. Come si suol dire: tutte le strade portano a Roma. Quindi dobbiamo vedere quali frutti produrranno le differenti strade.

Alcuni anni fa ero a Bombay. Ho avuto il privilegio di partecipare a una sessione del consiglio pastorale diocesano. Per ogni parrocchia vi era un rappresentante. Era straordinario come le 130 persone presenti nella sala non solo conoscessero il cardinale, ma addirittura come lui conoscesse per nome le persone presenti nella sala. Vescovo e popolo hanno interagito e fatto discernimento in maniera unica. In molte, molte parti del mondo, i vescovi non si sono dotati di un consiglio pastorale diocesano e i parroci non hanno un consiglio pastorale parrocchiale. Il Codice di Diritto Canonico stabilisce che non sono obbligatori. Tuttavia, i vescovi e i sacerdoti che comprendono che lo Spirito Santo non è soltanto con loro, ma che per mezzo del battesimo e della confermazione tutti hanno ricevuto lo Spirito Santo e che ci sono diversi carismi nella chiesa, sanno che questi consigli sono un modo di discernere con la comunità dove lo Spirito può guidare tale comunità. Perciò, questi vescovi e sacerdoti sono dunque desiderosi di avere questi consigli, perché facilitano l’ascolto e il discernimento del popolo di Dio a livello locale.

Guardando al futuro, alla fine del sinodo, i vescovi consegneranno le loro conclusioni al papa, che preparerà un documento per tutta la Chiesa. Quale è il risultato che lei sogna?

Grazie per questa domanda. Ogni volta che sento questa domanda, penso al Concilio Vaticano II. Se all’ apertura di quel Concilio una persona avesse fatto una dichiarazione su quale sarebbe stato il risultato del Concilio, quella persona avrebbe molto probabilmente risposto qualcosa di molto diverso da quello che è stato effettivamente il risultato finale. Fu l’opera dello Spirito Santo che fece sì che il concilio sviluppasse e articolasse una nuova comprensione. Lo Spirito Santo guidò l’intero processo. Sarebbe pericoloso prevedere ora cosa verrà fuori dal processo di discernimento che stiamo iniziando ora in tutte le chiese locali del mondo. Dovremmo essere aperti a ciò che potrebbe accadere e lasciarci muovere da esso. Già ora posso vedere e sentire l’entusiasmo in Africa, Asia e Sud America. L’Europa potrebbe essere ispirata dai doni che lo Spirito ci sta elargendo attraverso questi continenti. Sono molto fiduciosa che ne verrà fuori qualcosa di buono, ma abbiamo bisogno di pazienza e umiltà per raccogliere i frutti.

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