22 dicembre 2021
22 dic 2021

#scjnews l 14

Intervista a p. Renzo Busana, scj missionario in Congo.

di  Sergio Rotasperti, scj

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Da 15 anni p. Renzo Busana è missionario in Congo e appartiene alla provincia Congolose. Ha lavorato molti anni a Babonde. Dal 2019 si trova nella nuova missione a Gbonzunzu, una zona dove vivono anche molti pigmei. Se vuoi seguire la sua missione segui il suo blog: http://karibubabonde.blogspot.com/

Caro p. Renzo, ci puoi descrivere il tuo impegno missionario e quella dei dehoniani della Provincia Congolose?

Da 15 anni appartengo alla provincia congolose, svolgendo diversi ministeri, dapprima a Babonda ed ora a Gbonzunzu, nella foresta equatoriale pluviale nel Congo. Attualmente vi sono circa 80 confratelli, 7 missionari provengono da altre entità dehoniane. Oggi la maggior parte dei religiosi è locale. La prima Evangelizzazione con la fondazione di nuove comunità cristiane e l’educazione nelle scuole sono i principali ambiti di impegno dei confratelli dehoniani.

Il Congo ha vissuto una serie di conflitti e vive ancora una situazione instabile. “Nonostante questa situazione nella Repubblica Democratica del Congo la maggior parte delle morti non è provocata dalle violenze del conflitto in corso nel paese africano, ma piuttosto dalla malnutrizione e dagli evitabili disagi dovuti al collasso delle strutture sanitarie”. Come valuti questa situazione?

Non è da sottovalutare l’instabilità politica, anche perché fino ad oggi vi sono milizie armate che sparano e producono un gran numero di profughi. La ragione di questo è lo sfruttamento e l’accaparramento sfruttamento delle ricche risorse naturali. Vi è l’incapacità dello Stato di assumersi responsabilità come, ad esempio, lo sviluppo di adeguate infrastrutture, la sanità, l’accesso all’acqua potabile etc. la malnutrizione, la malaria, l’ebola provocano ancora oggi morte: si muore senza sapere di che cosa si muore. I governanti non prendono a carico i problemi della gente e la corruzione pervade le istituzioni. Investire nella scuola è certamente una carta vincente i cui frutti si vedranno su lungo periodo, perché si formano persone capaci di avere un etica e assumersi responsabilità.

I vescovi nel comunicato stampa dello scorso 29 novembre durante la sessione straordinaria ha evidenziato come due argomenti sia prioritari: l’insicurezza nel paese, soprattutto nel Nord-Est, e il problema dell’insegnamento. Cosa pensano i dehoniani come reagiscono a queste sfide?

La chiesa mantiene il suo ruolo profetico e di denuncia. La chiesa ha lavorato molto per la buona tenuta delle ultime elezioni e lavora per la tenuta delle prossime nel 2023. Il ruolo dei dehoniani è proseguire su questa linea di coscientizzazione delle persone, aiutando la gente ad aprire gli occhi sulle cose buone e su ciò che non va bene. Noi dehoniani aiutiamo questo processo attraverso il lavoro educativo, che si realizza soprattutto nelle scuole.

Vuoi lanciare un messaggio o un appello alla Congregazione e famiglia dehoniana?

Tenendo conto delle origini della nostra provincia congolose, mi sento di chiedere che non venga meno la presenza internazionale. Abbiamo un numero crescente di vocazioni locali: mi permetto di chiedere alla Congregazione di sostenerci nel lavoro educativo, anche economicamente.

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