Padre Parfait, del Centro Studi Dehoniani racconta la sua esperienza formativa in India.
Dopo un lungo pellegrinaggio presso l’Ambasciata Indiana a Roma, sono stato finalmente chiamato, martedì 11 aprile alle 16:36, per andare a ritirare il visto richiesto per potermi recare in India. Potevo finalmente respirare aria di partenza e prepararmi per la mia missione congregazionale affidatami dal Centro Studi Dehoniani (CSD). Sono partito da Roma il 14 aprile alle 15:25 e ho raggiunto l’India, atterrando all’aeroporto di Chennai, il giorno seguente alle 9 del mattino. Sono stato accolto calorosamente dai miei confratelli PP. Rinu e Roy, rispettivamente il Superiore e l’Economo del Distretto Indiano dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù.
Il giorno seguente, domenica della Divina Misericordia, ho avuto la possibilità di sperimentare per la prima volta la celebrazione eucaristica in un contesto indiano nella parrocchia di San Tommaso Moro a Chennai. Tutto era nuovo per me, ero in un altro mondo. L’intera celebrazione è stata in lingua tamil. Grazie a Dio ho potuto capire qualcosa con la mia fede. Alla fine della celebrazione mi è stato chiesto dal parroco di rivolgermi ai fedeli e di benedirli. Che fede! Che popolo devoto potevo sentire. Dopo la celebrazione i fedeli sono venuti a salutarmi e a scambiare qualche parola con me. Che grande ospitalità!
Poiché la mia missione principale iniziava di fatto il 30 aprile, il Distretto, attraverso il suo umile servitore P. Rinu, ha programmato il mio periodo di permanenza in India in modo tale che potessi esplorare e godermi ogni minuto del mio soggiorno in quel Paese. Per questo motivo, ho lasciato la terra del Tamilnadu il 17 aprile per andare in Andhra-Pradesh. Lì ho risieduto nella Casa della Teologia. Ho visitato tutte le nostre comunità di zona e alcuni altri luoghi importanti come “La Terra Santa”, la Cattedrale della diocesi di Eluru, la Casa del Vescovo e il famoso Santuario Mariano di Nirmalagri Matha. Una volta lasciata la Casa di Teologia, sono stato condotto, la mattina del 21 aprile, presso il Noviziato di Nambur e lì ho visitato anche il Seminario Minore. Da Andhra mi sono trasferito in Kerala il 22 aprile accompagnato da P. Michael Benedict, superiore della Casa di Filosofia, dove si è svolto il ritiro dal 26 al 30 aprile. È stato un lungo viaggio in treno; il viaggio non-stop più lungo della mia vita (19 ore e 15 minuti). Lì ho visitato le nostre comunità e alcuni altri luoghi importanti, come la basilica di Sant’Andrea ad Arthunkal, la chiesa di Thankey (dove si venera una statua miracolosa di Gesù con i capelli crescenti), la chiesa di San Giorgio ad Arasupuram e la basilica di Santa Maria della diocesi di Varappuzha.
In pieno clima estivo, il cielo ci ha benedetto con una bella pioggia il 30 aprile, giorno di inizio del nostro ritiro sul tema “Spiritualità Dehoniana e Regola di Vita”, proposto da P. Rinu. L’uditorio del ritiro era composto da 27 confratelli di voti temporanei e uno scolastico di voti perpetui, per un totale di 28 confratelli, che hanno tra i due e i sette anni di professione religiosa. Ho riproposto il tema aggiungendo la proposizione “in”, così è diventato “Spiritualità Dehoniana nella Regola di Vita”. Il, motivo di questa mia aggiunta al tema del Ritiro risiede nel fatto che parlare della Spiritualità Dehoniana e della Regola di Vita, richiederebbe un viaggio molto lungo impossibile da realizzare in soli cinque giorni; anche se, ad essere realistici, pure il tema della Spiritualità Dehoniana nella Regola di Vita non è da meno.
Poiché l’argomento principale è la Spiritualità Dehoniana, il mio interesse è stato quello di mostrare loro come e dove possiamo trovare le espressioni della Spiritualità Dehoniana nella nostra Regola di Vita. Abbiamo affrontato il tema in quattro momenti: prima esplorando il termine “spiritualità”; in secondo luogo, siamo entrati nel background di P. Dehon per scoprire come ha costruito la sua propria spiritualità e personalità e l’abbiamo qualificata come la “spiritualità di P. Dehon”; poi siamo passati alla Spiritualità Dehoniana e l’ultimo punto, in forma di discussione aperta, ha affrontato “l’indianizzazione della Spiritualità Dehoniana”. Dalla condivisione arricchente che è emersa ho potuto sentire l’interesse e la sete che i giovani confratelli indiani hanno, non solo di conoscere profondamente l’identità della Congregazione, ma soprattutto la loro disponibilità ad appropriarsi dell’eredità di P. Dehon nel loro contesto. Tra gli altri sono toccati da valori dehoniani come lo spirito di amore e disponibilità, la spiritualità della riparazione, l’adorazione quotidiana, l’ospitalità dehoniana. Per la maggior parte di loro, la Spiritualità Dehoniana non è altro che l’esposizione dell’identità dehoniana. Pertanto, l’India è un luogo favorevole per diffondere e attuare la Spiritualità Dehoniana. L’amore per Cristo e l’amore per la società dovrebbero spingerci ad essere radicati in Cristo e socialmente attivi allo stesso tempo.
Per concludere questo resoconto riguardante la mia missione indiana, vorrei esprimere la mia profonda gratitudine al Governo Generale e al Centro Studi Dehoniani che hanno reso possibile questa esperienza. È stata per me un’esperienza arricchente, perché quello che ho dato è niente in confronto a quello che ho ricevuto come esperienza. La mia gratitudine va a tutti i confratelli indiani per il loro grande senso di ospitalità e in modo molto speciale a P. Rinu che è sempre stato disponibile a facilitare il mio andare in India e il mio soggiorno lì. Così come i viaggi partecipavano alla formazione del carattere di P. Dehon e al rafforzamento della sua fede (cf. NHV 1/115), sono ugualmente tentato di dire che la mia missione indiana ha davvero sfidato la mia fede, specialmente quel pomeriggio di venerdì 21 aprile a Nambur, nella Casa del Noviziato, quando sono stato informato della morte improvvisa di mio padre. Nello spirito dell’Ecce Venio, trovandomi a più di mille chilometri dalla mia famiglia biologica, ho accettato quella situazione e ho affidato tutto al Sacro Cuore di Gesù che mi ha aiutato a portare a termine la mia missione con tutta la serenità possibile. Possa Dio continuare a benedire e sostenere il seme che è stato gettato nella terra indiana quasi 29 anni fa dai PP. Martin van Ooij e Andrew Ryder.