18 giugno 2021
18 giu 2021

Rileggere le Costituzioni (I)

Rileggere le Costituzioni (I)
Presentazione a puntate della “Guida di lettura” delle Costituzioni, scritta da p. Albert Bourgeois.
di  P. Albert Bourgeois, scj
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Nella lettera del 2 febbraio 2021, il nostro Superiore generale ha invitato tutta la Congregazione a prendere nuova coscienza di p. Albert Bourgeois come Superiore generale del rinnovamento della Congregazione nello spirito del Vaticano II. Le Costituzioni sono, frutto di tale rinnovamento e il 14.03.2022 ricorderemo i 40 anni dalla loro approvazione. Un’iniziativa che promuoviamo è la presentazione di una “Guida di lettura” dei numeri 1-39 che scrisse p. Bourgeois nel 1982. Questo testo esisteva qua e là in diversi formati, ed ora lo possiamo condividere con tutta la Congregazione in cinque lingue. Il merito di questa “Guida di lettura” consiste in primo luogo nell’autorevolezza di p. Bourgeois per la sua vicinanza al processo di elaborazioni delle Costituzioni. Questa Guida di lettura non commenta ogni singolo numero, ma offre una visione d’insieme, identificando dinamiche e rimandi interni, facendo così emergere i suoi fondamenti e valori.

Sono trascorsi 40 anni e tuttavia questo testo rimane una ricchissima lettura per chi desidera penetrare lo spirito delle Costituzioni.

 “La Guida di lettura” sarà pubblicata in diverse puntate. La prima è dedicata al contesto storico e teologico della nascita delle nostre costituzioni.


I. Il testo

1. Le nuove Costituzioni

23    Senza rifarne la storia particolareggiata, non è inutile, per una buona comprensione del testo stesso, conoscerne le principali fasi di elaborazione. L’“Introduzione” dell’edizione definitiva del 1980 dal titolo: “Una rinnovazione adattata”, richiama molto brevemente alcuni dati (cf. pp. V-XV). Per un’informazione più completa si possono consultare gli “atti” dei Capitoli e delle Conferenze generali (Documenta VII-XI, specialmente il discorso d’apertura della seconda Conferenza generale, cf. Doc. X, pp. 14-20). Gli stampati allora diffusi per l’informazione immediata della Congregazione forniscono pure molti particolari.

1.1. L’itinerario

24    Rileviamo anzitutto che questa “revisione” o piuttosto questo “rifacimento”, poiché è molto di più di una semplice revisione, non fu opera di un’iniziativa personale e dell’azione di un gruppo più o meno avanzato, preso dalla smania di cambiare. L’impegno del “rifacimento” fu una risposta all’appello della Chiesa, come nel 1902 e nel 1923, ma in un senso molto più ampio, secondo gli orientamenti conciliari e la richiesta di aggiornamento.

25    Il cammino fu lungo e complesso: 12 anni di riflessione, tre Capitoli generali (in tutto dai 7 agli 8 mesi di sessioni), con una grande inchiesta scientificamente preparata ed elaborata (CIRIS, 1970-1971, cf. STD 1), due Conferenze generali (1969 e 1976), numerose riunioni, sessioni e varie pubblicazioni…

26    Un cammino percorso tappa per tappa, non di certo nella confusione, ma senza un piano prestabilito e fissato. Non v’era infatti, come nel 1902 o nel 1923, uno schema di base fornito dalla Santa Sede, ma degli orientamenti e delle indicazioni generali sul contenuto e sul genere di documento, sui mezzi e sui termini di realizzazione, ma non un modello.

27    Ogni momento è stato così vissuto, ogni tappa è stata percorsa, se non per se stessa, almeno secondo la situazione psicologica, sociale, spirituale ed ecclesiale del momento, seguendo l’evoluzione delle mentalità e delle situazioni di quei dodici anni.

1.2. Le tappe

28    1966-1967: Quattro mesi di sessioni capitolari, in due tempi, separati da un anno di lavori delle sessioni intercapitolari. Fu un tempo di ricerca ardente, fatta un po’ da inesperti, ma non senza fervore né senza fermenti generosi. Inizia una nuova presa di coscienza, alla luce dell’evento e dei documenti conciliari: identità della Congregazione, aspirazioni diffuse dei membri, delle comunità, delle province, per un rinnovamento dello spirito, dello stile di vita, dell’organizzazione interna e soprattutto relativamente all’inserzione ecclesiale in genere, con una più chiara affermazione del carattere e della missione apostolica dell’Istituto.

29    I Documenta VII, un po’ diffusi, ma estremamente ricchi sotto tutti i punti di vista, sono il risultato di questa lunga riflessione, prolungatasi nella Conferenza generale del 1969 (cf. Doc. VIII) e riassunta nelle “Direttive capitolari” allora pubblicate.

30    1972-1973: La preparazione e lo svolgimento del XVI Capitolo generale avviene in un clima socio-politico ed ecclesiale abbastanza turbato. Un po’ ovunque serpeggia la crisi o almeno esistono tensioni abbastanza gravi all’interno della maggior parte delle province. I Capitoli provinciali preparatori ne sono una testimonianza, come pure il difficile avvio dello stesso Capitolo generale.

31    Riguardo a tutto questo, cf. gli “Atti del Capitolo” (Doc. IX) e, in particolare, le sei grandi questioni preliminari presentate all’inizio dei lavori (pp. 20-26). Finalmente, quando i Padri capitolari ebbero riflettuto, discusso per tre giorni su “la Giustizia nel mondo” in rapporto con la nostra vita religiosa (tema del Sinodo dei vescovi del 1971), il progetto delle Costituzioni preparato dalle commissioni fu messo da parte e ci si mise al lavoro per la redazione di una Regola di Vita.

32    Dopo qualche incidente di percorso, un testo fu steso e approvato a larga maggioranza. La Regola di Vita fu, in genere, bene accolta dall’insieme della Congregazione.

33    1979: Il XVII Capitolo generale si svolge in un clima relativamente sereno, riflesso di una certa stabilizzazione e maturazione, avvenute nelle province. Si sente e si esprime il bisogno di un nuovo slancio per un profondo rinnovamento, per una vita religiosa, spirituale e apostolica, sostenuta dalla “formazione permanente”. La revisione della “Regola di vita” del 1973 tende a una “dehonizzazione” più esplicita e profonda, in conformità all’insieme degli emendamenti o integrazioni richiesti dai Capitoli provinciali, sia sul piano generale, sia nei particolari. La parola d’ordine è di “far fruttificare il carisma di p. Dehon secondo le esigenze della Chiesa e del mondo”.

34    A questo scopo è da rilevare l’importanza avuta dalla celebrazione del centenario della Congregazione (1977-1978), occasione provvidenziale di un ritorno alle fonti, di riscoperta, di attualizzazione, di approfondimento.

1.3. Osservazioni

35    Questa breve sintesi non mette evidentemente in rilievo tutta l’esperienza vissuta dalle persone, dai gruppi o dall’intera Congregazione. Si possono tuttavia fare le seguenti osservazioni.

36    Il testo che ci è stato offerto dal Capitolo generale XVII (1979) è il risultato di un lavoro continuo, effettuato a diversi livelli, mediante l’informazione, le inchieste, la riflessione e la pratica. Se consideriamo l’insieme del percorso, scopriamo la vita della Congregazione, non di un corpo morto o morente, ma di una realtà viva e che vuol vivere, con urti, vuoti, tempi morti o offuscati, inquietudini; ma anche con una vita organica continua nel suo stesso rinnovamento. Il confronto dei Documenta VII (o delle Direttive capitolari) con le Costituzioni del 1979 permette di discernere la continuità e nello stesso tempo una purificazione e una maggior chiarezza. Vi sono dei termini-chiave e dei valori nei quali i membri della Congregazione e le comunità si sono sempre riconosciuti e attorno ai quali si sono sempre sentiti riuniti. È stata fatta l’esperienza della realtà e del valore di uno “spirito”, o almeno di una sensibilità SCJ.

37    Lungo tutto il cammino percorso (e se ne prende chiara coscienza a cose fatte) si discerne l’azione dello Spirito Santo, che guida e ispira lo sforzo umano, personale e comunitario, si inserisce negli eventi e nelle situazioni, orienta e adatta l’evoluzione, fa sormontare le differenze, fa ritrovare la coerenza e la coesione. Malgrado tutte le inettitudini o le incompetenze, soprattutto nei momenti cruciali del 1973, è riconoscibile la presenza e la guida dello Spirito. Il n. 15 delle nostre nuove Costituzioni testimonia a suo modo questo momento particolare della nostra vita e della nostra storia religiosa: “A partire dalla grazia delle origini, essa si sviluppa nutrendosi di ciò che la Chiesa, illuminata dallo Spirito, attinge costantemente nel tesoro della sua fede.

38    Sotto questo aspetto, secondo un’espressione che spiegheremo, le nostre nuove Costituzioni, sono in qualche modo, per noi, una specie di Deuteronomio (seconda legge): “il nostro deuteronomio” (cf. p. 285ss).

2. Costituzioni “nuove”

39    “Nuovo”, certamente, a causa del genere letterario: è proprio un nuovo tipo di Costituzioni. Basta un semplice colpo d’occhio sulla disposizione del testo, per rendersene conto. Non si parlerà di “poesia”; ma questa nuova presentazione, all’inizio sorprende e può anche un po’ indisporre, ricordando come si presentavano le vecchie Costituzioni.

40    Ma la “novità” è molto più profonda.

2.1. Il contenuto

41    Anzitutto per il contenuto, nel quale gli elementi “giuridici” e pratici sembrano come immersi e imbevuti nell’elemento “spirituale”.

42    Dei 39 primi numeri – sui quali ci soffermiamo più specificamente – uno solo, il n. 8, è strettamente giuridico e, in qualche misura alcuni numeri sulla missione ecclesiale e sugli impegni apostolici (nn 30-34). Tutto il resto si richiama al genere dottrinale, in forma di meditazione e di esortazione.

43    Riguardo a questo è opportuno richiamare le due grandi direttive della Santa Sede per la revisione delle Costituzioni:

–   distinguere il “Codice fondamentale” (le Costituzioni), che deve includere ciò che secondo la natura e la vita dell’Istituto, è considerato come stabile e costitutivo, dal “Codice complementare” (Direttorio, raccolta delle consuetudini, ecc.), nel quale si trovano le applicazioni pratiche e gli adattamenti variabili secondo i tempi e i luoghi;

–   unire convenientemente nel “Codice fondamentale” stesso, i due elementi: spirituale e giuridico, in modo che il testo non sia né puramente giuridico né puramente spirituale (cf. ES II, 12-14: 1967).

44    Per la storia rileviamo che questa integrazione degli elementi giuridici e spirituali era già presente nelle nostre prime Costituzioni (1885-1886). Praticamente scomparve, a partire dal 1902, nelle Costituzioni latine, anche allora conformemente alle “norme” della Santa Sede. L’elemento “giuridico” era presente nelle Costituzioni e l’elemento “spirituale” nel Direttorio (denominato precisamente: Direttorio spirituale): una dicotomia che aveva molte conseguenze, sotto tanti aspetti, non solamente per la forma, ma per la vita.

45    La nuova concezione e presentazione delle Costituzioni ci offre un testo, che non vuol essere solo precettivo, ma ispirante. L’integrazione realizzata assicura, da una parte, alle norme giuridiche il loro sfondo, la loro motivazione propriamente dottrinale e spirituale; dall’altra parte conferisce agli orientamenti spirituali stessi un certo carattere costitutivo, che non avevano nel Direttorio spirituale. Il testo delle Costituzioni, nuovo “Codice fondamentale”, con il Direttorio generale o “Codice complementare” formano, secondo la decisione del Capitolo generale del 1979, la nostra “Regola di Vita”.

2.2. Il contesto dottrinale

46    Ma più ancora del contenuto materiale e del genere letterario, la novità principale e più profonda è data dal “contesto” o “clima” dottrinale.

47    Per il contesto dottrinale, alcuni “principi generali di rinnovamento adattato” erano stati espressi dal Concilio:

–   l’insegnamento del Vangelo come norma ultima della vita religiosa e regola suprema di tutti gli Istituti;

–   la fedeltà allo spirito dei fondatori e alla loro intenzione specifica, alle sane tradizioni e a ciò che costituisce il patrimonio di ogni Istituto;

–   la comunione con la vita della Chiesa nei diversi campi: biblico, dogmatico, pastorale ecumenico, missionario, sociale;

–   una sufficiente informazione della condizione umana e delle caratteristiche del mondo d’oggi;

–   un reale rinnovamento spirituale delle persone e delle comunità (cf. PC 2).

48    Il riferimento alla vita della Chiesa e al mondo contemporaneo, come pure allo spirito del Fondatore, erano, se non totalmente nuovi, almeno molto intensi per un “rinnovamento adattato”. Questo riferimento esprime ciò che presso di noi è stata esplicitamente denominata, una linea di “fedeltà dinamica”, e questo fin dal 1967, nella riflessione preparatoria alla stesura delle nuove Costituzioni; quindi nel 1973, per la prima Regola di Vita e ancora nel 1979, per la revisione e la rifinitura delle stesse Costituzioni.

49    Tutto questo si dovrà tener presente e verificare nello studio, nella spiegazione o meditazione del testo: nella sua struttura letteraria, nella sua dinamica interna, come pure riguardo al suo accostamento pedagogico, per la presentazione dell’esperienza e del carisma del Fondatore. Con questa esperienza inizia il testo (nn. 1-5). Continua con la nostra esperienza (nn. 6-8) e con i vari temi che interessano la vita religiosa e la vita apostolica SCJ: l’oblazione, l’abbandono, la riparazione e, evidentemente, tutto ciò che concerne i voti, la vita comunitaria nei suoi diversi aspetti e la missione apostolica dell’Istituto.

50    Il riferimento allo spirito del Fondatore e alle sue intenzioni specifiche è significativamente accentuato dalla descrizione iniziale della esperienza di fede di p. Dehon. Essa si trova all’origine di ciò che è chiamato lo spirito e il carattere proprio della Congregazione nei suoi grandi orientamenti dottrinali, spirituali e apostolici.

51    A questo scopo e a titolo di documento, oltre che di riferimento, il Capitolo generale XVII richiedeva che fossero riprodotti, come annessi alle nuove Costituzioni, i primi due capitoli delle vecchie Costituzioni: quelle latine del 1902-1956, sostanzialmente fedeli, secondo p. Dehon, alle Costituzioni francesi del 1881-1885. Questi due capitoli erano considerati da Padre Fondatore come la carta fondamentale della Congregazione.

52    Fedeltà, ma fedeltà dinamica, essendo ben inteso che, dopo il Vaticano II, non si leggono più i primi due capitoli del 1956 con gli stessi occhi e con la stessa luce preconciliare. Le nuove Costituzioni vogliono essere un riflesso di questa nuova lettura.

53    Il principio di questa “fedeltà dinamica” è formulato dalle stesse nuove Costituzioni:

–   al n. 15, riguardo alla nostra vita religiosa: “Per ciascuno di noi, per le nostre comunità, la vita religiosa è una storia: a partire dalla grazia delle origini, essa si sviluppa nutrendosi di ciò che la Chiesa, illuminata dallo Spirito, attinge costantemente nel tesoro della sua fede;

–   e al n. 16, riguardo alla “nostra vita spirituale di Sacerdoti del Sacro Cuore”, si afferma che per noi, vivere secondo il carisma del Fondatore è entrare in un movimento di vita, il quale ha necessariamente una storia: è “un’esperienza comune nell’accostarci al mistero di Cristo, sotto la guida dello Spirito, e un’attenzione particolare a quanto, nell’inesauribile ricchezza di questo mistero, corrisponde all’esperienza di Padre Dehon e dei nostri primi religiosi”.

54    Conviene apprezzare la sfumatura e l’esattezza del verbo corrispondere (e non riprodurre) per caratterizzare la fedeltà dinamica e storica nel senso forte dell’espressione.

55    Infine, rileviamo la grande “cornice” che inquadra il testo delle nuove Costituzioni:

–   al n. 1: la Congregazione “è chiamata a far fruttificare questo carisma secondo le esigenze della Chiesa e del mondo”;

–   e al n. 144: la nostra vita religiosa “partecipa all’evoluzione, alle prove e alla ricerca del mondo e della Chiesa” ed è “continuamente interpellata … per ripensare e riformulare la sua missione, le sue forme di presenza e di testimonianza”…, nella “disponibilità di cuore e atteggiamento ad accogliere l’Oggi di Dio”.

56    In tutti questi numeri, la duplice menzione della Chiesa e dello Spirito precisa pure, felicemente, ciò che deve assicurare a questa fedeltà dinamica, la sua garanzia, non solo ecclesiastica o ecclesiale, ma carismatica, di autenticità.

2.3. L’approccio psicologico

57    Infine, ciò che costituisce una novità delle nuove Costituzioni è il modo di presentarle o, per meglio dire, il loro approccio pedagogico.

58    Il testo, nel suo insieme, ha una sua struttura evidente, un suo sviluppo logico, lineare, dei quali ci si rende facilmente conto percorrendo l’indice col susseguirsi dei titoli e dei sottotitoli.

59    Sono cinque parti (o documenti), ove si ritrovano più o meno, le divisioni tradizionali:

–   la definizione o la descrizione della nostra vita religiosa SCJ sotto i suoi diversi aspetti: il suo “spirito” (1-39), la professione dei consigli evangelici e la vita comunitaria (40-85);

–   l’iniziazione alla nostra vita religiosa (entrata e la formazione nell’Istituto) (86-106);

–   il governo e l’amministrazione (107-143).

60    Ma ciò che colpisce maggiormente è la formulazione dei titoli e sottotitoli che, soprattutto per i primi due testi (1-85), costituiscono una specie di frase continua: “Secondo il carisma del Fondatore” (1-8) … “Alla sequela di Cristo… al servizio del regno” (9-39) … “per continuare la comunità dei discepoli” (40-85).

61    Questo tipo di formulazione lo ritroviamo nei sottotitoli. Al posto di una parola o di un gruppo di parole, che indichino un tema da sviluppare con definizioni e con una dimostrazione soprattutto deduttiva (cf. De fine Congregationis – De spiritu amoris et immolationis), troviamo una frase dimezzata, nella quale si esprime una specie di movimento: l’inizio di un movimento o di un’azione. Non è evidentemente un semplice artificio letterario, ma la palese intenzione di realizzare un metodo: quello che noi abbiamo denominato: approccio pedagogico.

62    In questo approccio la natura, il fine della Congregazione e i nostri stessi obblighi non sono dedotti da concetti e da definizioni (ad es. riguardo alla devozione al Sacro Cuore, all’oblazione e alla riparazione), ma in qualche modo sono ricavati dall’esperienza stessa: quella del Fondatore e dalla nostra esperienza, con un procedimento che si potrebbe chiamare “esistenziale” o “derivato dall’esperienza”.

63    Questo procedimento era iniziato nel 1967. Non si parlava più dei “valori scj” da conservare e vivere, ma della fedeltà alla missione profetica del Fondatore, di uno sforzo per riconoscere e rivivere i suoi atteggiamenti fondamentali, riafferrando il movimento stesso della sua vita spirituale, mistica e apostolica (cf. Doc. VII, nn. 2-8).

64    Un legame vitale è rilevato fra l’esperienza del Fondatore, le sue intenzioni fondatrici, il fine della Congregazione e i suoi mezzi d’azione. Tutto questo lo si coglie nelle formule: “Padre Dehon ha voluto…” (n. 6). “Dai suoi religiosi Padre Dehon si aspetta…” (n. 7). “Discepoli di Padre Dehon vorremmo…” (n. 17). “Seguendo il Fondatore… vorremmo contribuire…” (n. 32). È evidente la volontà di sorpassare le formulazioni teoriche, le definizioni, di fare un testo ispirante che possa servire da Regola di Vita e non sia una semplice raccolta di norme pratiche e giuridiche.

65    Da qui la frequente formulazione descrittiva o esortativa. A partire dai fatti della vita e dall’esperienza di p. Dehon, dalla nostra esperienza di fede, dalla vita della Congregazione nella sua tradizione e nella sua missione, visti nell’Oggi di Dio, secondo le esigenze della Chiesa e del mondo, sono messe in luce delle norme di vita ed è precisato un quadro istituzionale, che realizzi… l’integrazione ecclesiale della nostra vita e della nostra comunità.

66    Dall’esperienza alla legge e dalla legge all’esperienza vi è una sorta di dialettica della vita e dell’istituzione, che è senza dubbio l’aspetto più interessante e più tipico della nuova formulazione delle Costituzioni. È ciò che permette in questo “codice fondamentale” di prevedere e integrare, col movimento di fedeltà profonda, la possibilità e anche la necessità di un rinnovamento continuo, di una “conversione permanente… per accogliere l’Oggi di Dio” (n. 144).

3. Struttura letteraria

67    Riguardo alla struttura e allo sviluppo logico e, in qualche modo, lineare del testo nel suo insieme, se ne scoprono facilmente le linee essenziali, consultando l’indice.

3.1. I due primi capitoli

68    Conviene tuttavia considerare a parte i capitoli I e II (nn. 1-85), che costituiscono come la prima Parte delle nuove Costituzioni sulla “nostra vita religiosa, la sua natura, la sua spiritualità, le sue forme di vita”.

69    Rileviamo, per l’ordine delle parti e dei paragrafi in questo insieme, le tre modifiche del piano, realizzate, nel 1979, in confronto al testo del 1973:

–   per i numeri su “le attese e gli appelli del mondo: nn. 9-10 (nel 1973), nn. 35-39 (nel 1979);

–   per i paragrafi su l’unione a Cristo (la vita spirituale SCJ): nn. 47-55 (nel 1973), nn. 16-25 (nel 1979);

–   per l’inversione dell’ordine fra la vita comunitaria e i voti: nel 1973: nn. 17-26/27-41; nel 1979: nn. 40-58/59-84.

70    Non si tratta evidentemente di modifiche puramente formali e redazionali. Sono implicati alcuni seri problemi che interessano la concezione della vita religiosa e la sua presentazione, non solo canonica, ma teologica, come pure la pedagogia della formazione e la stessa “missione” della Congregazione nella Chiesa, come vedremo.

71    La struttura generale e lo sviluppo logico dei nn. 1-85 sono i seguenti:

  1. 1-8: l’origine, la natura e il fine della Congregazione, considerata a partire dalla esperienza e dalle intenzioni del Fondatore;
  2. 9-39: il significato, lo spirito e la missione della vita religiosa SCJ nella Chiesa e nel mondo d’oggi (identità, spiritualità, missione);
  3. 40-85: gli elementi costitutivi principali della nostra vita religiosa come tale:

–    la professione dei consigli evangelici (nn. 40-58);

–    la vita comunitaria secondo le sue diverse dimensioni (nn. 59-85).

72    Tuttavia sotto questa struttura generale palese, un’altra è ben discernibile e parallela nei due capitoli (nn. 1-85). La loro continuità è sottolineata dal seguito dei titoli dei due capitoli: “1. Secondo il carisma del Fondatore… 2. Alla sequela di Cristo”. Siamo chiamati a seguire Cristo, riferendoci all’esperienza e al carisma del Fondatore.

73    Secondo il carisma del Fondatore siamo:

–   “religiosi”: 1. La Congregazione suscitata e inviata dallo Spirito (n. 1);

–   “dehoniani”: 2. Secondo l’esperienza di fede di Padre Dehon (nn. 2-5);

–   per l’apostolato: 3. Al servizio della Chiesa (nn. 6-7);

–   in comunità: 4. In una comunità fraterna (n. 8).

74    Alla sequela di Cristo, oggi siamo:

–   “religiosi”: A.1. La nostra esperienza di fede (n. 9); A.2. Testimoni del primato del Regno (nn. 10-15);

–   “dehoniani”: A.3. Uniti a Cristo nel suo amore e nella sua oblazione al Padre (nn. 16-25);

–   per l’apostolato: A.4. Partecipi della missione della Chiesa (nn. 26-34); A.5. Attenti agli appelli del mondo (nn. 35-39);

–   in comunità: B.1. Chiamati a professare le Beatitudini (nn. 40-58); B.2. Chiamati a vivere in comunità (nn. 59-79).

75    All’eucaristia e alla Vergine Maria, a causa della funzione particolare che hanno nella nostra vita, sono dedicati due paragrafi:

–   B.3. Fedeli alla frazione del pane (nn. 80-84);

–   B.4. Con la Vergine Maria (n. 85).

76    A dire il vero, il paragrafo sull’eucaristia si ricollega anche alla vita comunitaria, come il terzo elemento della vita comunitaria cristiana menzionato dal testo degli Atti (2,42) al quale si fa riferimento. D’altra parte l’importanza dell’adorazione eucaristica nella “missione ecclesiale” della Congregazione (cf. n. 31) inviterebbe a integrare, in qualche modo, lo stesso culto eucaristico nella parte consacrata alla missione.

77    Nell’insieme dei numeri 1-85, diviso in tre parti: (1-8; 9-39; 40-85), le prime due interessano più specificamente il carisma e l’identità della Congregazione. La terza invece tratta della natura e della pratica della vita religiosa in generale, anche se questa, evidentemente, in ogni Congregazione, è permeata e caratterizzata dal carisma e dall’identità propri di ogni Istituto.

78    I nn. 1-39, ossia le prime due parti, corrispondono praticamente ai primi due capitoli delle antiche Costituzioni (nn. 1-13):

–   I. De fine Congregationis.

–   II. De spiritu amoris et immolationis.

79    Questi due primi capitoli, di carattere e formulazione propriamente giuridici, avevano il loro sviluppo e il loro commento “spirituale” nel Direttorio Spirituale.

80    Per questo motivo i nn. 1-39 delle nuove Costituzioni meritano un’attenzione particolare per una verifica della nostra fedeltà alla raccomandazione di p. Dehon nel suo Testamento spirituale: “Non dobbiamo mai perdere di vista il nostro scopo e la nostra missione nella Chiesa, come sono presentati nei primi due capitoli delle nostre Costituzioni”.

81    N.B. – Questi primi due capitoli delle Costituzioni latine non erano che una formulazione più giuridica del I capitolo delle Costituzioni francesi del 1885: “Scopo e spirito della Società”. Di questi testi si può leggere la presentazione che ne fa il p. Denis in: “Il Progetto di Padre Dehon” (Studia Dehoniana, n. 4. Ed. it., 10-18.156-172).

3.2. I nn. 1-39

3.2.1. Il piano

82    Ne discerniamo abbastanza facilmente la struttura e il movimento:

  1. Secondo il carisma del Fondatore (nn. 1-8): l’esperienza di fede di p. Dehon è all’origine della Congregazione (nn. 2-5). Partendo da questa esperienza l’Istituto deriva il suo carattere proprio a servizio della Chiesa (nn. 6-7), secondo un determinato statuto canonico (n. 8).
  2. Alla sequela di Cristo (nn. 9-39) viviamo la nostra esperienza di fede e la nostra vita religiosa SCJ:

–    nn. 9-15: “con tutti i nostri fratelli cristiani” (cf. n. 9 e n. 13), viviamo nella fede, per giungere alla santità e realizzare la nostra vocazione religiosa, come un dono particolare e un impegno a seguire Cristo, mediante la professione di tendere alla carità perfetta;

–    nn. 16-39: “discepoli di Padre Dehon”, troviamo nella Congregazione:

–    nn. 16-25: “il principio e il centro della nostra vita”, le modalità della nostra unione a Cristo nel mistero del suo Cuore, con un’oblazione vissuta nella disponibilità e nella solidarietà (cf. n. 18 e n. 21) e con la nostra inserzione nel “movimento dell’amore redentore” (n. 21), secondo le diverse modalità di una vocazione riparatrice (nn. 22-25).

–    nn. 26-39: “il nostro carisma profetico” è al servizio della missione della Chiesa (nn. 26-34), nel mondo d’oggi (nn. 35-39).

83    Rileviamo come particolarmente significative le espressioni dei due ultimi sviluppi: al n. 25, “… per la Gloria e la Gioia di Dio” e al n. 39, “… per l’avvento di una umanità nuova in Gesù Cristo”.

84    Questa analisi ha il vantaggio della chiarezza per una prima lettura. Rischia tuttavia, così come è, di tradire un po’ il testo stesso, distinguendo, sovrapponendo, mettendo accanto la vocazione battesimale e la vocazione religiosa, da una parte e dall’altra la “spiritualità” e la “missione”. Riflettendo sulla nostra esperienza di fede e sulla nostra vita spirituale dovremo stare attenti di correggere questa prima impressione.

3.2.2. Un accostamento esistenziale

85    Il riferimento all’esperienza, come abbiamo notato, dà un suo ritmo al testo: dall’esperienza di fede di Padre Dehon (n. 2), alla nostra esperienza di fede con tutti i nostri fratelli cristiani (n. 9) in ciò che “corrisponde all’esperienza di p. Dehon e dei nostri primi religiosi” (n. 16).

86    Questo riferimento conferisce all’insieme una specie di dinamica interna, un movimento del quale non è troppo difficile riconoscere i “tempi o i momenti , come una nuova struttura, sia vitale sia letteraria, che riproduce la prima struttura più logica (cf. 3.2).

87    Le articolazioni sono nettamente poste in rilievo nei tre numeri introduttivi: 9, 16, 26, mediante i participi “Iniziati… Chiamati… Consacrati…”, che descrivono il movimento dell’iniziazione alla Buona Novella di Gesù Cristo, impegnandoci senza riserva “per l’avvento di una umanità nuova in Gesù Cristo” (n. 39).

88    In questi tre numeri rileviamo anche un triplice riferimento:

–   alla Persona e al mistero di Cristo, esperimentati nella fede, nell’amore e nel dono;

–   alla Chiesa, come luogo e mezzo della nostra iniziazione, della nostra vocazione e della nostra consacrazione;

–   allo Spirito, per la confessione della fede, per la vita spirituale e la “prospettiva spirituale” che caratterizza il servizio del “nostro carisma profetico”.

89    Questi tre grandi riferimenti, con alcuni altri, come quelli del Regno, del mondo o dell’umanità, possono essere osservati lungo tutto il testo riguardo a vari temi. Indubbiamente una buona comprensione di queste Costituzioni richiede che si mediti seriamente la cristologia, l’ecclesiologia e che si faccia allo Spirito il giusto spazio. Per questo le prospettive puramente devozionali non servono più.

3.2.3. Una dinamica dialogale

90    Nei tre sviluppi che sono dedicati rispettivamente all’esperienza di p. Dehon, alla nostra fede battesimale e alla nostra vita SCJ, la descrizione segue un cammino parallelo in due tempi: ai nn. 2-3… 10-12… 19-21, che descrivono come primo tempo: l’iniziazione, l’incontro, la scoperta di Gesù Cristo che è appello e vocazione, corrispondono i nn. 4-5/6-7… 13-14… 17-18/22-24/26-39, che descrivono la risposta spirituale e apostolica nella quale, per p. Dehon e per noi, si esercita il nostro carisma profetico” e si realizza la nostra missione ecclesiale.

91    Vi è presente una specie di movimento o di dinamica “dialogale” che, secondo J. Mouroux, è essenzialmente la dinamica dell’esperienza spirituale cristiana. Questa è “l’atto o l’insieme degli atti coi quali l’uomo esperimenta di essere in relazione con Dio” e più precisamente “l’atto della persona che si abbandona a Dio che la chiama”. L’esperienza religiosa è “la coscienza di questa risposta all’appello di Dio, l’esperienza di questo contatto mediante il dono, la scoperta della presenza divina nel seno del “sì” che ci fa entrare in essa” (J. Mouroux: L’Expérience chrétienne, p. 26). Questa definizione è un buon aiuto per comprendere la dinamica del nostro testo e anche la sua struttura letteraria.

92    Converrebbe qui riflettere su ciò che si intende esattamente per “esperienza di fede”, “esperienza spirituale cristiana”; individuare almeno gli elementi di una teologia dell’esperienza: la sua natura, la sua possibilità, la coscienza che se ne ha, i grandi tipi di esperienza spirituale nella Scrittura e nella vita dei santi, le linee strutturali di una tale esperienza… Sono argomenti di grande importanza per una sana concezione e anche per l’autenticità della vita di fede e d’amore. Oltre al libro di J. Mouroux: L’expérience chrétienne – Introduction à une théologie (coll. Théologie, 26), cf. Dictionnaire de Spiritualité (IV, col. 2004-2026), o di Urs von Balthasar: La Gloire et la Croix I. Apparition, pp. 185-360 (coll. Théologie, 61).

3.2.4. Una prospettiva escatologica

93    Nelle principali articolazioni del testo sono presenti delle formule di carattere escatologico:

–   così, al n. 10, riguardo alla missione di Cristo: “… quando, per mezzo di Gesù, Dio sarà tutto in tutti”; formula, alla quale le citazioni: Rm 8,22-23, 1Cor 15,28 conferiscono tutta la loro risonanza;

–   e soprattutto, per la nostra vita d’amore e di riparazione: al n. 20: “… piena manifestazione e ricapitolazione…”;            al n. 25: “… l’umanità riunita nel corpo di Cristo”, e per la nostra missione apostolica; ai n. 29: “… la pienezza del Regno”; al n. 39. “… l’avvento di un’umanità nuova in Gesù Cristo”.

94    Così un grande ritmo e un largo respiro sono conferiti all’insieme del testo, in un vasto, costante riferimento a prospettive escatologiche. L’ottavo e ultimo capitolo della Lumen Gentium tratta esplicitamente del “carattere escatologico della Chiesa in cammino e della sua unione con la Chiesa del cielo”, come orizzonte di tutta la vita della Chiesa e della vita religiosa in particolare. In questa linea si pone il nostro testo delle Costituzioni. È una manifestazione caratteristica dello sforzo di rinnovamento proposto, poiché questa prospettiva escatologica, essenzialmente ecclesiale, apostolica e profetica, non era affatto presente né sensibile finora nei testi ufficiali della Congregazione e neppure nelle varie esposizioni della nostra spiritualità oppure nel Direttorio, nel quale il riferimento allo Spirito Santo e alla Chiesa è piuttosto raro.

95    Siamo, in qualche modo, invitati a vivere la nostra vita spirituale e apostolica in un nuovo “paesaggio” teologico nel quale assumono il loro senso le parole e le nozioni di unione, di oblazione, di abbandono, di riparazione, come pure la nostra adorazione, i nostri ministeri e soprattutto il riferimento e la devozione al Cuore di Gesù Cristo.

4. Conclusione

96    Questi rilievi e riflessioni non sono fatti e proposti come semplici curiosità letterarie, ma perché interessano il profondo, le intenzioni e l’ispirazione delle nuove Costituzioni. Alcuni grandi temi o piuttosto alcune grandi realtà teologiche: il Cristo, la Chiesa, lo Spirito, l’escatologia costituiscono dei riferimenti generali, dei “poli” attorno ai quali si aggirano e si organizzano i temi particolari riguardanti la nostra esperienza e la nostra vita religiosa dehoniana, secondo un rinnovamento adattato alla “vita della Chiesa nei diversi campi: biblico, dogmatico, pastorale”, ecc. conformemente al terzo criterio indicato dalla Perfectae Caritatis, 2c.

97    I testo è, inoltre, costellato di citazioni e di referenze più o meno esplicite, che creano “l’atmosfera” (cf. nn. 10, 12, 16, 17, 19, 20, 22, 23, 25, 29, 38, 39); un’atmosfera che sembra sia quella delle epistole della prigionia di s. Paolo, specialmente delle lettere agli Efesini e ai Colossesi, dei celebri “inni” (cf. Col 1,12-20; Ef 1,3-14). Il n. 19 rinvia esplicitamente a quest’ultimo inno.

98    Questo inno della lettera agli Efesini sarebbe una buona meditazione d’apertura, come quella del “Principio e fondamento” all’inizio degli Esercizi di s. Ignazio, per entrare nell’“atmosfera” di “rinnovamento adattato”, tipica delle nuove Costituzioni.

99    P. Dehon stesso amerebbe senza dubbio questo modo di penetrare nel “suo spirito”, un modo che ben si armonizza “col suo temperamento e con la sua grazia” (cf. la sua riflessione riguardo agli Esercizi di s. Ignazio, in NHV IV, 125).

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