26 agosto 2020
26 ago 2020

Servire con gioia e gratitudine

Intervista a p David Tachago in occasione dei 25 anni di sacerdozio, 14 dei quali spesi alla formazione dei giovani candidati alla vita religiosa. I segreti della sua fedeltà al Signore.

di  Boris Signe

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Caro p. David hai celebrato 25 anni di sacerdozio. Come ti senti ora dopo tutti questi anni?

Come dehoniano mi sento felice e soddisfatto del cammino percorso finora. Vi sono stati naturalmente  alti e bassi, come è normale che sia nella vita. Ma nel complesso, mi ritengo una persona, un religioso e un sacerdote completo.

Ripensando ai tuoi primi anni di sacerdozio, hai ricordi particolari da raccontarci?

Sì, devo dire che i primi tre anni di sacerdozio sono stati molto decisivi e hanno modellato il resto della mia vita. Ho trascorso i primi anni nella pastorale parrocchiale, imparando a donarmi senza riserve al servizio dei cristiani.

Ho avuto anche l’opportunità e la grazia di partecipare nel 1997 al capitolo generale della Congregazione come delegato. Ho potuto fare esperienza della Congregazione in così poco tempo, conoscendo i suoi punti di forza, le sue domande e le sue difficoltà. Tutto questo ha lasciato in me una impronta indelebile.

In parrocchia, il mio parroco era spesso malato e gran parte del lavoro pastorale doveva essere svolto da me. Così ho imparato presto ad essere responsabile.

Non potrei mai dimenticare la morte di mio padre avvenuta dopo un anno e mezzo di sacerdozio il 24 dicembre, quando dovevo non solo celebrare le messe di Natale, ma anche una cinquantina di battesimi. Ho dovuto fare tutto questo prima di andare a seppellire mio padre.

Che cosa ti segnato in questi anni, oltre naturalmente la perdita di tuo padre?

Ciò che più ha segnato il mio sacerdozio è il costante impegno per la formazione dei giovani confratelli candidati alla vita religiosa e sacerdotale. Ho dedicato 14 dei 25 anni di sacerdozio a questo servizio. La formazione è un compito nobile, difficile, ma anche ingrato. Tuttavia oggi, guardando a questi giovani che sono il futuro della provincia, sono molto grato di aver reso questo delicato servizio alla congregazione e alla Chiesa.

Nel corso degli anni sei stato coinvolto a più livelli nella missione della Congregazione: formazione, educazione dei giovani, servizi parrocchiali, amministrazione. C’è un particolare elemento della nostra spiritualità che ti ha maggiormente contraddistinto?

Vi sono alcune parole chiavi della spiritualità dehoniana che mi hanno colpito e accompagnato: la disponibilità o “ecce venio”, il dono di me stesso per gli altri, l’attenzione agli altri soprattutto nella formazione e nella vita fraterna in comunità,  secondo la prospettiva del “sint unum”. La vita fraterna in comunità mi è sempre stata di grande supporto nei servizi che ho dovuto rendere nella congregazione, fino ad oggi.

25 sono certamente tanti, ma è anche importante riconoscere che sei ancora abbastanza giovane e pieno di vitalità. Hai dei progetti nel futuro?

Certamente ho piani per il futuro. Ricordo cosa ci disse il nostro formatore quando ero postulante: “Quando dici: basta, sei morto”.  Questo per dire che ogni persona deve essere sempre proiettata in avanti. Personalmente, io vorrei continuare a servire Dio, i miei fratelli e sorelle, attraverso le responsabilità che la Congregazione e i miei superiori mi affideranno, senza alcuna preclusione, compresa la missione ad gentes.

La provincia del Camerun è relativamente giovane in termini di personale. Oggi essa può contare su circa 120 confratelli con una età media di 39 anni. Che consiglio puoi dare loro?

Il consiglio che posso dare ai miei confratelli è di essere generosi, fedeli, disponibile nel dono di se stessi a Dio nel servizio dei loro fratelli e sorelle. Ciò li renderà felici e realizzati nella loro vita umana e di consacrazione al Signore. Li invito a testimoniare con onore la loro vita cristiana, là dove vivono e lavorano, e a coltivare tra loro una vera fraternità in Cristo.

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